Se ti viene a mancare il barbiere dopo 36 anni. Pensi.
Enzo è stato il mio barbiere per 36 anni. Da quando aveva la bottega in via delle Galligarie. Era un pesarese autentico, anche se mi pare fosse nato a Colbordolo, ed intendo che amava la sua famiglia, la Vis, la caccia, la bicicletta e la domenica faceva quei giri che i ciclisti sintetizzano in chilometri “ i 70” “i 90”. Enzo faceva sempre la ricevuta fiscale e non solo a me. Era orgoglioso della sua “militanza” nella CNA, l’associazione degli artigiani , e dalle sue parole si capiva bene il perché: è grazie alla associazione che la categoria nei decenni era riuscita a darsi delle regole come le tariffe, gli orari di apertura e di chiusura da rispettare, la domenica e lunedì mattina riposo, formazione, la correttezza fiscale, insomma dignità del lavoro e umana.
A modo suo era stato parte di una classe dirigente che non aveva operato nelle istituzioni ma aveva lasciato il segno nella società contribuendo davvero al progresso se del progresso abbiamo l’unica idea per me accettabile : il lavoro come strumento di emancipazione, di dignità, di diritti e doveri, insomma di civiltà.
Enzo era un sincero democratico e chiaramente di sinistra. Del resto con quelle idee lì ciò che adesso sembra diventato impossibile invece era diventata una realtà vissuta, ovvero la cancellazione di ogni frattura nella visione della vita e del lavoro fra chi da artigiano era padrone dei suoi strumenti di lavoro e l’operaio. La frontiera della emancipazione cui tendere era la stessa, la visione civile della vita era la stessa. Quanto profondo sia stato il segno di quelle conquiste lo si vede solo dall’accanimento con cui il moderno capitalismo cerca giornalmente di distruggerle in nome della modernità.
Come a tutti i barbieri a Enzo piaceva parlare, credo faccia parte integrante della professione, e quando mi aveva lì le domande si moltiplicavano, sia quando ero un giovane funzionario del PCI, sia quando ero il Sindaco, poi il deputato. Da ultimo aveva rinunciato a chiedermi cosa facessi a Roma anche perché capiva che a me non andava tanto a genio parlarne. Mi chiedeva se mio padre andasse ancora a caccia ( eravamo andati assieme a prendere nell’entroterra l’ultimo setter che mio padre ha avuto), io giocavo d’anticipo e gli chiedevo del figlio, della Vis, ultimamente dei lavori che aveva fatto a casa, di quanto costano i notai, ecc. Ma alla fine lì andava a finire ovvero la sorte della sua nobile professione.
Le domande erano cambiate, negli anni con sempre maggiore nettezza. Quella su Bersani non mancava mai e più che una domanda era una affermazione: “io a Bersani voglio bene e mi piace però i danni che ha fatto con la deregulation delle attività commerciali e della professione dei barbieri…” “non c’è più orario, non ci sono più tariffe, i cinesi lavorano di domenica, nessuno controlla, io non potrei con quello che mi costerebbe tenere un dipendente, loro come fanno?” La domanda era retorica perché arrivava subito la risposta: “non pagano le tasse, non tengono in regola del tutto i dipendenti e nessuno controlla! Cosa fa la guardia di finanza non li vede? Così decenni di conquiste fatte per la dignità del nostro lavoro e per la garanzia della nostra clientela vanno a farsi friggere!” “ E l’associazione? Così ne finisce il senso, faranno solo i servizi di assistenza!”
Sai che c’è Enzo, non so se davvero sia tutta colpa di Bersani, anzi non credo, però sulla filosofia di fondo avevi ragione e se il tipo di società per cui ci siamo battuti portava ad una certa rigidità anche corporativa, però puntava al bene e questa esasperata liberalizzazione non può portare niente di buono per l’essere umano se è ancora lui l’uomo e non il profitto al centro dei nostri pensieri.
E chi dice, al contrario, che il mondo è cambiato che sono regole che non ci possiamo più permettere, che c’è la globalizzazione, la competizione e ora che cominciamo a dirgli che se la mettano in quel posto la loro globalizzazione se non si parte dalla centralità della dignità dell’uomo. Poi sono gli stessi che “questo welfare non possiamo più permettercelo”, “le tasse sono insopportabili” e intanto fottono la vita dei ragazzi.
Negli ultimi anni la crisi la vedeva passare per la strada. Mi diceva “ il centro è vuoto, i negozi di qualità sono morti, passa la gente ma borse in mano non ne vedo, altro che ripresa!”
E poi aggiungeva non lo dico per me ormai sono in pensione, lavoro perché ho ancora dei clienti da curare e mi piace farlo, ma per quelli che devono pensare al futuro.
E il pensiero andava ancora alla associazione, “ mi dicono che sono in difficoltà, per forza con tutte le aziende che chiudono! Guarda noi chi è rimasto a fare questo mestiere, non dico che si diventa ricchi ma ci si campa dignitosamente!”
Ecco un’altra cosa era chiara : puoi anche pensare ai tuoi interessi senza diventare un cinico egoista, un indifferente, devi mantenere sempre chiara l’idea che il tuo benessere sta dentro ad un benessere più largo.
Quante volte mi sono trovato a decantare la forza della coesione sociale della mia città e di tante simili alla mia città. Pensando ad Enzo mi viene da dire : ma quanto vi ha contribuito questa classe dirigente diffusa, fuori dai riflettori, ma comunque impegnata in una associazione di categoria, in un sindacato, in una associazione di volontariato, in una società sportiva ? Una enormità! La classe dirigente diffusa di una città, un patrimonio inestimabile. E quanto questo viene riconosciuto quotidianamente da chi ha le maggiori responsabilità? Sempre troppo poco! E quanto si fa per rinnovare continuamente questo patrimonio? Poco, quasi nulla! Ci hanno portato fuori strada, totalmente fuori strada e qualche volta abbiamo anche creduto che fosse giusto e almeno inevitabile. Ma siamo ancora in tempo.
L’ultima volta che Enzo mi ha fatto i capelli mi ha lascito elencandomi i barbieri ”buoni” che ancora ci sono a Pesaro nella zona più o meno centrale. “se dovessi aver bisogno e magari trovi chiuso perché devo fare degli accertamenti…” Prima il cliente, sempre e comunque. Ciao Enzo e grazie.