Avevo una cinquecento rosso sbiadito. Dovevo andare a tenere una riunione del PCI. Da Fermignano salivo, su verso Urbania, non ricordo dove fossi diretto. Ricordo che c’era una luna particolare, emozionante.
Avevo sulla mia sinistra la Piana d’Asdrubale e collegai quello scenario bellissimo con la notte prima della battaglia, pensai alle paure, ai pensieri verso casa, agli affetti, ai presentimenti.
Mi vennero di getto musica e parole e, senza averle appuntate, quando tornai a casa le scrissi e funzionavano bene.
Non la suono più da tanto, ma riuscirei ancora a metterla insieme e le parole me le ricordo ancora perfettamente tanto che posso scriverle senza timore di sbagliare. Eccole:
Accampamenti
Di tende bianche
Torce accese
Visi stanchi
La rugiada che bagna la punta delle lance
Asdrubale, Asdrubale (con voce grave come il coro nella tragedia greca)
Le sentinelle
Dei propri cuori
False certezze
Abbaia un cane
E poi cavalli nervosi che leggono il futuro
Asdrubale, Asdrubale
E la notte si fa lunga
Mentre un carro corre via sulla sponda del fiume
E il pensiero vola via lontano
Ad un paese caldo dove nasce il melograno
E ad una donna che sa e ad un bambino che gioca
Coi sassi infuocati di un pomeriggio d’agosto
L’alba ti trova già sveglio
Guardi il fiume e più in la
Il gioco è già fatto nel cielo
In terra nessuno lo sa
Vorresti fermare il cavallo
La luce che brucia…realtà
Oggi in quella piana e ancora più su verso Urbania, Mercatello, vorrebbero, per risparmiare evitando gallerie, stendere un nastro d’asfalto. Quattro corsie in rilevato per una strada che non so bene se servirà, ma che se sarà fatta in quel modo cancellerà per sempre un patrimonio paesaggistico impagabile
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