Ho deciso di aspettare a commentare il risultato delle elezioni regionali e in particolare l’esito nella mia regione, le Marche. Penso che sia giusto dare il tempo agli struzzi di tirare fuori la testa dalla sabbia, ai bari di mettere le mani sul tavolo in bella vista, agli ego ipertrofici di sgonfiarsi e agli ego mortificati di rasserenarsi e, infine, alle persone normali di provare a capirci qualcosa.
E veniamo al giudizio di sintesi che poi proverò ad articolare e documentare: le elezioni regionali nel loro complesso e quelle delle Marche in particolare , dove non ci si può lamentare di non aver fatto le primarie, di non aver rottamato, di non aver avuto tutte le varie anime mobilitate in uno spirito unitario ( vedremo poi quanto ben riposto!) , hanno evidenziato un vero e proprio collasso della democrazia e un’ onda alta di scontento e rabbia come mai si era verificato prima. Molto più alta di quella già manifestatasi nelle elezioni politiche del 2013, che alla luce di quanto poi è emerso non furono del tutto una elezione dove una parte, la nostra, sbagliò un rigore a porta vuota; al netto delle responsabilità della dirigenza del PD di allora che pure ebbe le sue belle colpe, il fenomeno che emerse e che oggi continuiamo a commentare è tutt’altro che banale.
Il centro sinistra nelle Marche vince perché l’acqua dove si nuota è bassa. Meno del 50% degli aventi diritto al voto, un fatto storico a queste latitudini , per la sua enorme gravità secondo solo a quanto successo in Emilia Romagna nel 2014.
Detto in altre parole se qualcuno avesse avuto la capacità di mobilitare lo scontento, la rabbia e la rassegnazione saremmo stati travolti ben oltre quanto già non sia avvenuto con i risultati dei Cinquestelle e soprattutto della Lega mai scesa con queste percentuali sotto il Tavollo.
Potremmo dire Spacca santo subito e Salvini-Meloni chierichetti nella messa di beatificazione.
E’ vero; è (anche) l’elettorato del centro sinistra che non è andato a votare e quindi si potrebbe essere portati a pensare che sia colpa dell’offerta politica di uomini e programmi messa in campo dal PD , non all’altezza delle aspettative tanto da spingere al non voto il “nostro” (?) popolo. E di contro, magari si potrebbe pensare, davanti ad una proposta più attraente avremmo avuto un elettorato di centro sinistra più mobilitato e un risultato migliore del PD e del centro sinistra. Non direi; anzi siamo stati abbastanza abili Brachetti da convincere noi stessi che…chi noi? Tutta colpa di chi c’era prima!… Ma voi? Ahhh no! Noi prima eravamo succubi di Spacca ora ci siamo emancipati , finalmente liberi, finalmente noi…trallalero trallalà!!!!
Sì, confidare nella memoria corta potrebbe essere una nuova categoria della scienza politica.
Però tutta questa tiritera che ha anche degli aspetti comici la considererei una errata personalizzazione del dato negativo con cui siamo chiamati a fare i conti e segno della solita nostra presunzione che da per acquisito l’elettorato di centro sinistra incapace di votare “dall’altra parte” e tuttalpiù portato al non voto: Fano, Fermignano, Jesi, Urbino ci dimostrano che non è più così da tempo.
E’ il centrodestra semmai che ha presentato candidati e progetti politici incapaci di catalizzare come già avvenne in quelle città il fiume di voti in perdita dal centro sinistra perdendo una occasione abbastanza ghiotta per organizzare l’alternativa. La chiave di volta era un candidato civico e non un professionista della politica.
160 mila voti in meno fra le regionali del 2010 e del 2015 per il candidato di Centrosinistra. Un presidente eletto con una legittimazione democratica del 20% degli elettori aventi diritto. Questa è la fotografia, purtroppo.
Solo chi non ha rispetto dei fatti e delle parole che sono chiamate a descriverle può sottovalutare la durezza quasi drammatica di quanto è accaduto. Se l’importante è scalare il potere va alla grande, ma allora vuol dire che siamo entrati dentro un altro film e poi non si pianga per gli sviluppi probabili di questa impostazione. Se l’importante è governare per i cittadini allora partire con presidenti che rappresentano dal 15 al 20% degli elettori è proprio partire per una rincorsa per i 100 metri con il culo spiaccicato a terra.
Cosa sta accadendo dunque? Lasciatemi semplificare.
Si stanno consolidando da una parte un mondo fatto di disoccupati cronici, imprese che chiudono, servizi che si riducono, pensioni che non arrivano, furti che aumentano, speranze di emancipazione per i propri figli che svaniscono, studenti che si arrendono, cure mediche che si rinviano, case che si perdono a causa dei mutui che non si pagano, potere d’acquisto che precipita e poi di contro ricchi che si arrichiscono, evasori che evadono di più, corrotti e corruttori che se la godono, cricche che si affermano.
Dall’altra parte un sopramondo sempre più lontano dal mondo reale dove si fanno le primarie, si consultano i circoli, si fanno le cene, le feste, si organizzano cordate, si pianificano posti, si affinano tecniche elettorali , si addomesticano i giornali e le tv, e queste pratiche finiscono per essere riversate nelle istituzioni ampliando la scollatura con il mondo.
Pensate un attimo a questo fenomeno marchigiano e non solo: mai come in questo momento le donne sono protagoniste della tenuta sociale del paese ( sono le statistiche a dircelo) e mai come in questo momento esse sono estromesse dalla vita politica ( eccezion fatta per i cinquestelle e qualcosa vuol dire anche questo!)
Questione sociale e questione democratica si allontanano invece di fecondarsi a vicenda, perché il mondo non riesce a filtrare nel sopramondo, se non con rasoiate protestatarie che presto lasciano il posto alla disillusione e il sopramondo non lo cerca proprio il mondo vero che potrebbe interferire nelle logiche di una politica sempre più giocata sulle persone che sulle idee e i programmi, dove l’imperativo è blandire ma non scegliere.
Nel mondo si esasperano le disuguaglianze e se ne vivono gli effetti devastanti , nel sopramondo le disuguaglianze si esorcizzano ( sforzo comune, unità della nazione, ce lo chiede l’Europa, tanto è così in tutto l’occidente) pur di non prendere partito.
E cosa serve un partito se non prende partito? Infatti se ne fa volentieri a meno perché per il sopramondo sono più efficaci i comitati elettorali, il voto intruppato delle primarie, i partiti che hanno padroni e non gruppi dirigenti e poi tutto sommato all’astensionismo ci si abitua: chi non partecipa non ha mai ragione si pontifica, tanto per darsi un tono.
Così allontanandosi dalla vita reale la democrazia collassa e specularmente indebolendosi la capacità della politica di agire sul reale la società si avvita nelle sue paure e nelle sue disuguaglianze sempre più croniche.
E quindi?
Quindi bisogna intraprendere un percorso molto difficile ma l’unico possibile su tre versanti:
Legami sociali, forze politiche, istituzioni.
Non si costruiscono legami sociali se non si parla chiaro alla società: con chi sto, chi e perché voglio privilegiare, chi e perché voglio chiamare a far pagare il conto, dove voglio andare. ( il centro questo luogo affascinante della prima repubblica è evaporato come categoria della politica perché le dinamiche socio economiche propongono radicalità e tutti i tentativi di riproporlo tal quale falliscono)
Non si costruiscono legami sociali se non si aiutano le realtà sociali a rappresentarsi. I corpi intermedi sono fondamentali quanto la loro autoriforma!!
Non si costruiscono legami se non si favorisce una mobilità della classe dirigente fra mondo e sopramondo.
Non si ridà ruolo alla politica se non si mette mano ai partiti: attuazione dell’art.49 della costituzione, finanziamento pubblico, trasparenza, riconoscimento e regolazione delle fondazioni e centri studi legati ai partiti.
Non si ridà ruolo alla politica se non si rivedono ( aboliscono?) le primarie, che anche per ammissione di chi se ne è giovato, in questa tornata hanno fatto più danni della grandine.
Non si ridà ruolo alla politica se non torna ad essere un luogo di confronto , scambio e promozione delle competenze, gli intellettuali.
Non si ridà ruolo alla politica di sinistra in particolare se non si riappropria di una dimensione ( un movimento) internazionale.
Non si rilegittimano le istituzioni se si continuano a sberleffare le assemblee elettive. E lo dico da ex sindaco eletto direttamente ma che si è sforzato di avere un dialogo con il consiglio comunale e ha sempre criticato quei colleghi sindaci che si vantavano di non partecipare alle sedute dei loro consigli.
Non si rilegittimano le istituzioni se le maggioranze non riprendono la sana abitudine di scovare e riconoscere le buone ragioni che ci sono nelle minoranze in un dialogo che per non essere consociativo deve essere pubblico. Ho un ricordo grato della opposizione dei Verdi nel consiglio comunale di Pesaro, e rivendico di aver fatto scelte di radicale correzione di rotta sotto la spinta di referendum come quello del Miralfiore ancorché fosse un referendum politicamente ostile e che non raggiunse il quorum.
Non si rilegittimano le istituzioni se non si riprende una battaglia per il decentramento dei poteri e delle funzioni verso i comuni e le regioni. Il silenzio dei Comuni e delle Regioni verso questo andazzo neocentrista è assordante ma soprattutto è controproducente. Non si tutela un disegno costituzionale tacendo e non si viene certo assolti per scandali e ruberie buttando bambino e acqua sporca. Le istituzioni hanno bisogno di una riconnessione con il reale che è anche ( certo non solo) locale e regionale.
Nelle Marche questi obiettivi sono doppiamente urgenti. Chi se lo aspettava che non andasse a votare più del 50% degli aventi diritto?
Ha scritto Francesco Orazi “ nelle Marche la vera maggioranza è quella che non vota”. Come pensiamo di fronteggiare questa realtà? Di quali strumenti ci dotiamo come forze politiche e come governo regionale per ascoltare questa maggioranza? Possiamo dar luogo a forme di organizzazione della partecipazione inedite magari su alcuni temi?
Siamo sicuri ad esempio che, parole di un neo eletto consigliere, le priorità siano gli ospedali e le buche delle strade? Io penso che più che gli ospedali siano i tempi per le visite specialistiche poiché per gli interventi quelli seri ci si rivolge ad un numero di ospedali che non supera le tre unità in tutta la regione. E ancora non mi piace proprio per niente che Don Vinicio Albanesi abbia dovuto dire che non aver mai ricevuto un invito dal candidato presidente del PD perché io penso che in questi anni di compromessi con il centro abbiamo spostato l’asse delle politiche sociali non proprio in modo meritorio e alle politiche sociali bisogna tornare a dare priorità.
Nel mondo delle Marche i segnali di ripresa economica e di aumento della occupazione non si vedono ancora e crescono di numero quelli che hanno smesso anche di cercarselo un lavoro. Allora forse c’è un problema nel modello di sviluppo, nella rete fra le imprese, nel credito; forse un programma di revisione totale dei contributi pubblici al sistema produttivo sarebbe opportuno. Nelle Marche c’è una sensibilità crescente verso il nesso fra paesaggio, agricoltura, ambiente, cultura, turismo che meriterebbe una scelta radicale in urbanistica più che su chi fa lo spot promozionale e meriterebbe un grande assessore alla cultura almeno bravo come l’ultimo della Giunta Spacca.
Sono solo suggestioni su questioni cu cui mi piacerebbe leggere, ma per quanto mi sforzi ancora non vedo e non sento : un buon motivo per parlarne.

“ tutto è cominciato con Reagan, ma si è consolidato con la presidenza democratica. Io c’ero quando venivano presi provvedimenti sbagliati, e posso consentire che alcuni erano creati in buana fede. Ma sono stati fatti errori gravissimi: ora è inutile stare a rivangare sul passato, siamo qui e adoperiamoci per cambiare”
Joseph Stiglitz
Trento 2015 intervento sulla “disuguaglianza”