Sarà l’età, saranno le letture estive che sono sempre più coinvolgenti rispetto a quelle che si fanno durante l’anno, in momenti d’intenso lavoro. Comunque sia, mi sono trovato a riflettere su un aspetto della formazione politica che sostanzialmente ho già sintetizzato nel titolo: la lettura del romanzo è fondamentale nella formazione politica, in particolare di un giovane che si avvicina alla politica, ma anche di chi nelle aride praterie del quotidiano ha bisogno di rinverdire alcuni aspetti fondamentali dell’essere politico, ovvero se si preferisce, politicamente impegnato.

Quando mi avvicinai, molto giovane, alla mia sezione del PCI di Gadana nel comune di Urbino, c’era (c’è ancora!!) un piccolo armadio/libreria. Un mobile probabilmente tamburato, con impiallacciatura di noce, la parte superiore con due ante e piccoli vetri resi opachi dal tempo. Lì, in quella parte superiore, oltre a vecchi quaderni con minute annotazioni delle entrate e delle uscite, dei tesserati divisi fra sezione femminile e sezione maschile con annotata la quota da versare e l’acconto versato, dei presenti e degli assenti alle riunioni del comitato di sezione fin dall’immediato dopoguerra, c’erano dei libri. A memoria non li ricordo tutti ma tre me li ricordo benissimo: Una edizione del “Trattato sulla Tolleranza” di Voltaire, una scelta voluta da quello “stalinista” di Togliatti che ne curò la presentazione e non so se anche la traduzione. Togliatti volle che quel libro fosse in tutte le sezioni del PCI e personalmente do a questa scelta un grande valore. Poi due romanzi “La Madre” di Maksim Gor’kij assunto a monumento della letteratura rivoluzionaria Sovietica e infine “Il Tallone di Ferro” di Jack London.

Questi sono i ricordi. Ma in questo appunto non mi interessa più di tanto sottolineare quanto siano stati e siano tutt’ora importanti i percorsi letterari interpretati da alcuni narratori  in parallelo al dipanarsi del movimento dei lavoratori, da Emile Zola a Paolo Volponi, e quanto questi concorsero con le loro opere ad alimentare coscienza  di classe, entusiasmo politico e volontà di battersi contro sfruttamento e ingiustizie. E’ un aspetto importante della questione del rapporto fra formazione politica e romanzo, ma analogamente si potrebbe giustamente dire del rapporto per altri versi fra cinema o teatro e formazione politica per non dire di altre arti figurative.

Quello che mi preme fissare invece non è il coinvolgimento emotivo, ma il rapporto fra alcuni aspetti della tecnica del romanzo e la formazione politica.

Provo a sintetizzare in tre punti qualcosa che dovrebbe essere molto più articolato.

1) La narrazione: è un concetto rilanciato in questi ultimi anni ad esempio da Vendola e io lo condivido. E’ deprimente come certi “politici” siano tanto prigionieri del quotidiano e si esercitino solo ad affinare battute di rimbalzo rispetto alle agenzie di stampa. Così facendo sembra che la politica che si rappresenta non abbia un prima, un vissuto e che il presente possa essere comprensibile senza i dovuti rimandi a fatti, scelte, esperienze vissute. In questo modo tutto sembra dover essere sempre reinventato, rifondato, rigenerato e non ci si rende nemmeno conto che così non si nega il senso del divenire storico della vicenda politica ma la sua possibilità di farsi futuro. Tutto diventa effimero, parola vuota, immagine schiacciata priva di profondità. Penso invece a quella straordinaria tecnica dei narratori di farti stare contemporaneamente dentro l’oggi, lo ieri e il domani, con quegli affascinanti rimandi che spesso sono più coinvolgenti degli stessi accadimenti descritti. Senti che la storia respira, si dilata, prende forma compiuta, ti rende partecipe, osservatore o complice. Io non credo che la politica possa rinunciare, se vuole essere tale, dal fornire questo coinvolgimento al soggetto cui si riferisce, dal porsi davanti all’interlocutore in modo tale da garantire spessore direi tridimensionalità alla propria proposta.

2) L’analisi del contesto: Con il romanzo stai dentro un paesaggio, entri dentro ad una stanza, percepisci il fascio di luce, il chiarore abbacinante di un mezzogiorno siciliano, i passi nella nebbia, il rumore della fabbrica. Insomma stai dentro un luogo, il vuoto anche quando è vuoto non lo è mai del tutto, singole persone, soggetti o moltitudini, esseri viventi umani o non umani interagiscono si condizionano, alterano lo stato delle cose creano azioni e reazioni.

 Questo non è solo romanzo, questo è un fondamentale della politica: non crei coscienza consapevole, condizione indispensabile per suscitare una partecipazione attiva e non emotiva, se non definisci il contesto, se non descrivi la realtà, se non analizzi i soggetti. Solo la vita e quindi solo la politica fondata sull’egoismo e sul narcisismo può ridursi alla contemplazione compiaciuta della tua stessa faccia su un monitor all’interno di uno studio televisivo: egoismo e narcisismo producono la diffusione del virus del vuoto della politica che è davvero “vuoto” al contrario della realtà.

3) La descrizione dei personaggi: Nel romanzo i personaggi sono descritti, le loro personalità sono scavate a fondo per analizzarne tutte le sfaccettature. Un barbone o un imprenditore, una prostituta o una regina, un bambino o un alieno sono sempre figure poliedriche, complesse. Anche i più forti hanno sempre un punto di debolezza e i più deboli trovano sempre un momento di riscatto di dignità. Il romanziere è un essere umano capace di descrivere l’umanità altrui anche quando è terribile. Il politico odierno sembra aver dismesso la sua capacità di entrare in sintonia con l’umanità propria e dei suoi interlocutori. Tratta se stesso come un prodotto e loro come dei consumatori, numeri accatastati in un sondaggio. Li guarda da sopra non ci cammina a fianco. Anzi teme di camminarci a fianco, teme di misurarsi con il carattere miserabile di tante esistenze. Come può quindi usare le parole giuste, gli argomenti giusti se non ne sa leggere la complessa umanità? Ecco che allora il linguaggio politico e i messaggi che ne scaturiscono vanno in tilt e prevale la sommarietà del populismo.

“ è dell’inferno dei poveri che è fatto il paradiso dei ricchi” Victor Hugo.