Parafrasando Newton voglio dire: demoliamo i muri e costruiamo ponti. Ho molto apprezzato la soluzione che si è data politicamente alla questione della elezione dei rappresentanti dei comuni nella nuova provincia, la stessa scelta di indicare solo sindaci rafforza il profilo tutto istituzionale e non partitico del progetto e da l’idea di ciò che serve a questo nostro territorio: saldare le fratture, isolare le frange litigiose e settarie, predisporsi ad uno sforzo comune straordinario per provare a tenere testa alla crisi più grave.
Mi addolora ma non mi sorprende che il presidente della regione abbia irriso, in polemica con il sindaco di Pesaro, questa scelta unitaria. Mi addolora perché quando le cose vanno male, e da noi vanno malissimo, che volino gli stracci fra chi fa parte (faceva?) della stessa famiglia può accadere. Ma in quelle parole del presidente della regione c’è di più: c’è l’assoluta incomprensione del dramma economico e sociale che sta attraversando questo nostro territorio. Della mortificazione umana e professionale che stanno vivendo migliaia di persone che in questa terra hanno fatto sempre del lavoro, non della assistenza o della contiguità con la politica, la loro cifra identitaria. Qui non accorrono ministri, non si aprono tavoli ministeriali con i vertici sindacali, non atterrano elicotteri nei giardini delle ville delle famiglie di imprenditori per festeggiare questa o quella ricorrenza. Qui oggi si vive perché si lavora e domani si muore perché non si lavora e non fa notizia alcuna.
Ho detto non mi sorprende perché, assieme a tratti positivi della esperienza di questo governo regionale al tramonto, c’è ne uno che salta agli occhi in modo inoppugnabile: questa regione non è stata mai così divisa, mai siamo stati così lontani da una idea unitaria di regione. Anzi si ha tutta la sensazione che si sia coltivata la divisione e la contrapposizione come strumento di potere. Una gestione personalistica associata ad una tecnocrazia prona che per perpetuare se stessa e il suo sistema di relazioni ha messo un territorio contro un altro, un assessore contro l’ altro, la regione contro la politica, il governo contro i partiti. Il risultato è che l’ideale di regione plurale ma coesa che abbiamo inseguito è diventata una realtà sempre più frammentata che non si riconosce più in una visione comune. Muri contro ponti appunto.
La risposta a questo stato di cose non sta nel sostituire un personalismo con un altro, o nella rivincita di un territorio contro un altro, del resto il nostro ne ha di autocritiche da fare per come ha rinunciato a giocare il suo ruolo quando era forte di un modello economico, sociale, culturale e anche politico vincente e ha invece preferito accodarsi ai poteri che da Roma portavano a Fabriano. No ragionare così sarebbe disastroso per la regione e per il centro sinistra che rimane l’unica alternativa a se stesso che possa essere realisticamente giocata.
La risposta sta allora nella costruzione di un tessuto politico di dimensione regionale che si può tessere solo affermando il primato della politica sui personalismi e sulla tecnocrazia. E il primato della politica è indissolubilmente legato al ruolo del partito, io parlo per il mio, del Partito Democratico. Solo un partito serio può produrre una visione unificante di tipo regionale, sanare le fratture, superare politicamente la frantumazione compresa quella che si è verificata nel nostro entroterra nelle ultime elezioni amministrative. A me sta a cuore che il nostro progetto per la regione del futuro trovi interessato anche il sindaco di Urbino o quello di Tavullia tanto per fare due esempi che conosco e analoghi ve ne saranno di certo in giro per le Marche, senza dovergli chiedere di aderire al PD ma facendoli parte di un progetto che li riguarda.
Non sappiamo che farcene dell’ennesimo individuo che va in giro per la regione a promettere un pezzo di questo o di quello. Abbiamo bisogno di un soggetto politico che sappia chiamare a raccolta le idee, le risorse, che costruisca un progetto e lo offra per la condivisione ai sindaci di ogni colore, alle forze sociali, alla cultura, alle imprese. Il candidato che sarà scelto per interpretare questo progetto e il nostro presidente che eleggeremo dovrà dismettere la boria del governatore e assumere i più significativi panni di un componente di una squadra, che riconosce il primato della politica e che magari non ha i super poteri ma si sa rappresentare come un costruttore di ponti e un demolitore di muri.
Oriano Giovanelli