Introduzione a Economia: guerra ma non solo

ISCOP – SPI CGIL- Fondazione XXV Aprile 6 maggio 2022

Politica- 5 minuti lettura

Non parlerò della guerra, non ripeterò cose dette e ridette sulle cause e responsabilità. Voi tutti vi sarete fatti una vostra opinione almeno così spero. Ho promosso con altri una petizione per la Pace contro l’ulteriore invio di armi all’Ucraina e contro l’aumento delle spese militari e  Papa Francesco e Luiz Inacio Lula Da Silva mi rappresentano abbastanza bene.

Oggi parleremo, in particolare nel parlerà Pierluigi Ciocca che saluto e ringrazio,  di effetti e scenari di questo dramma nel cuore dell’Europa ma che è impossibile circoscrivere all’Europa e a un tempo breve.

Noi che siamo la città del  teatro lirico abbiamo imparato che  una musica di duecento anni fa può raccontarci efficacemente il mondo presente e anche quello futuro. Tutto sta nella capacità del regista di scegliere una scenografia che parli da sola, nella scelta dei costumi,  nei movimenti che in scena i cantanti fanno, gli accenti musicali che il direttore d’orchestra saprà dare.  La guerra è una musica antica quanto l’uomo e quello che conta è lo scenario per capire da dove viene e dove ci porta, i movimenti in scena dei protagonisti dei  coprotagonisti e delle comparse.

Questa guerra è  una guerra europea per campo di battaglia ma è già mondiale per lo scenario e per gli effetti che  produce e produrrà. Pensate alle sanzioni mai viste di tale portata.

Pensate al  quadro inedito rappresentato da chi  ha votato in sede ONU a favore della risoluzione  contro l’invasione russa, da  chi si è opposto e da chi si è astenuto.

Soffermatevi in particolare su questo. Notate che questi ultimi rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale e , anche se astenuti , sono tutt’altro che indifferenti al suo esito. Fra loro c’è la Cina c’è l’India e quasi tutta l’Asia,  grandi paesi dell’Africa e del Sud America. Ovvero il mondo nuovo in cammino. Il fatto è che non si riconoscono nella riproposizione di un vecchio scenario fatto dai due blocchi contrapposti usciti dalla seconda guerra mondiale. Non si riconoscono nemmeno nel mondo apparso dopo la caduta del Muro di Berlino, un  governo unilaterale da parte degli USA e dei suoi alleati storici. Non credo infine che si possano riconoscere nella contrapposizione fra democrazie, fra l’altro sempre più in crisi e lontane dai loro valori fondativi, e autocrazie.

Ecco il punto. Questa guerra, a mio parere, la si capisce solo se la  si inserisce nel quadro della crisi irreversibile di un mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti con il suo dollaro, con le sue tecnologie, dalle sue multinazionali  dell’ economia digitale, le sue basi militari sparse in tutto il globo e il suo enorme e inarrivabile bilancio militare pari a 12 volte quello della Russia, 4 volte quello della Cina, a cui si può sommare il bilancio della Nato 5 volte maggiore a quello della Russia ( a proposito di aumento delle spese militari).

Nonostante tanta potenza  quel dominio è in via di superamento. Certo gli americani intendono resistere e chiamano a coorte i loro alleati. Sparano sanzioni a raffica a destra e manca forti della loro posizione di supremazia economica che per ora non ammette repliche della stessa portata.  La resistenza a questo riequilibrio di potenze, la resistenza alla la fine di questo governo unipolare del mondo sarà durissima e cruenta ma l’esito direi, inevitabile. Lo leggiamo in Africa, in Sud e Centro America ovvero alle porte di casa degli USA, lo leggiamo sulla evoluzione anche dei conflitti in essere nel Nord Africa e nel vicino oriente. Lo leggiamo nel posizionamento per il controllo delle future rotte artiche. Lo leggiamo nelle prove generali di quello che può essere davvero il conflitto del nuovo mondo,  ovvero l’intento di staccare definitivamente Taiwan dalla Cina.  Perché, sia chiaro,  Taiwan sta alla Cina come la Sardegna starebbe all’Italia se Mussolini nel 1945invece di essere arrestato e ucciso si fosse rifugiato con l’esercito fedele e l’oro della patria in Sardegna con la protezione degli USA.

Solo così riesco a leggere questa guerra, solo così questa guerra mi appare nella sua reale dimensione tale da giustificare ciò che USA e Nato dicono e fanno in quello scenario apparentemente marginale. Ciononostante sembrerebbe che anche gli USA, alla fin fine, al di la di apparire e forse essere gli unici veri utilizzatori positivi della guerra in Ucraina, possano trovarsi a  fare i conti con  un possibile effetto profondamente indesiderato per la loro. Il futuro della loro moneta, il dollaro, grazie al quale vivono a spese del resto del mondo da 50 anni e del  loro debito.

Ma la conferma più lampante la si vede con le sanzioni imposte a più ondate alla Russia. Una cosa per ampiezza e radicalità mai vista prima.  Eppure pare evidente che esista già  una circolazione direi extra corporea degli scambi, se si assume come corpo tutto ciò che ha sempre fatto riferimento a USA e Europa.  Tanto che, dai commenti che si leggono sui quotidiani, emerge una certezza sul prezzo che pagherà l’economia russa, il suo bilancio, la sua inflazione, i suoi livelli di occupazione ma non si nasconde affatto il rinculo che tutto ciò ha e avrà sulla nostra economia, sui nostri bilanci,  sulla nostra inflazione, sui nostri livelli di occupazione.

La stessa Cina che sembra, sorniona, guardare alla guerra con un certo distacco invece è chiamata in causa in modo considerevole dagli esiti possibili,  da ciò che rimarrà delle sue relazioni economiche in particolare con l’Europa, difficilmente sostituibili con un nuovo e più forte patto con la Russia che pure marcia a tappe forzate sulla collaborazione alle tecnologie militari e sulla energia, e della possibilità di sviluppare in modo sicuro la sua Via della Seta lungo la rotta  terrestre che naturalmente sbocca sul Mar Nero, vero grande motivo strategico della guerra in corso. (*)

Mi pare evidente che l’Europa abbia tutto l’interesse che la guerra non si allarghi e che l’obiettivo di aiutare l’Ucraina a difendersi non diventi la sconfitta della Russia fino al punto di provocarne un cambio di regime. Innanzitutto perché non è chiaro cosa possa significare “mettere in condizioni di non nuocere” la seconda potenza nucleare al mondo e rendere concreto  il pericolo nucleare  incombente, ma anche, a mio parere, per gli effetti globali che una disarticolazione di quel immenso paese, che è la Russia, potrebbe provocare. Eppure dopo l’incontro di Rammstein sembra proprio questo l’obiettivo che la Nato e gli USA si pongono senza neanche nasconderlo più di tanto. Che sia minaccia o realtà non è dato a sapersi almeno per me.

Ecco che la costruzione di vie diplomatiche, il cessate il fuco e la costruzione di una strada per  e la Pace subito appare come un interesse impellente delle nazioni europee portatrici di un disegno che non può naufragare sotto l’azione dei nazionalismi dell’Est.

Condivido la suggestione avanzata da Romano Prodi di un patto fra Germania Francia Spagna e Italia per porsi come parte attiva della Pace e della ricostruzione dell’Europa, perché di questo si tratta.

Noto che l’Italia non mi pare sia molto attiva su questo fronte, anche se il recente discorso di Draghi a Strasburgo ha fatto intravedere qualcosa.

Fanno parte dello scenario gli effetti già in atto che la  guerra provoca  sulla vita di tate famiglie e di tanti lavoratori e anche di tante imprese. Sentiremo in proposito le riflessioni di Roberto Rossini, segretario provinciale della CGIL,  su una dimensione più locale e regionale.

La disuguaglianza e la povertà fattori non indifferenti alla crisi di legittimità che la stessa ide di democrazia sta vivendo rischiano di ampliarsi ulteriormente. Il Governo ha varato un decreto che pare importante. Ma  chiedo: che margini abbiamo per perpetuare queste misure di rattoppo della situazione se entriamo in una fase di stagnazione unita ad un alto livello di inflazione? Lo stesso ossigeno del PNRR non rischia di svanire nell’aria senza arrivare ai polmoni dell’economia reale per tante difficoltà burocratiche, per inefficienze strutturali del sistema paese ma anche per il cambio di scenario portato dalla guerra?

Prima  il Covid ora la guerra, le grandi questioni poste dalla transizione ecologica, oggi colpevolmente rimossa; non si può escludere  che tutto sfoci in una esasperazione sociale, in una sempre più marcata distanza fra i cittadini e le istituzioni  e in una stretta autoritaria dei nostri regimi democratici. Una prospettiva non priva di fondamento.

Ecco l’importanza della discussione e del confronto che deve essere sempre animato dagli attori politici e sociali in particolare in Parlamento. Non abbiamo bisogno di un comandante in capo abbiamo bisogno di partecipazione e consapevolezza propria di regimi democratici. Abbiamo bisogno di non cedere ad  una cultura amico/nemico, di una informazione che non sia di guerra,  della scuola e del dialogo con i giovani. Insomma  la partita è gigantesca e come dice il titolo della nostra conferenza non è soltanto economica.

*( pubblico questo scritto dopo aver sentito il discorso del Presidente Vladimir Vladimirovic Putin in occasione della giornata della Grande Vittoria Patriottica, egli ha affermato che l’intervento in Ucraina è stato preventivo temendo la Russia un attacco in Donbass e Crimea. Io credo che abbia detto una cosa vera. E’ il timore di perdere la Crimea uno dei fattori centrali di questa guerra. La riprova sta anche nella immediata reazione della Nato alla timida apertura di Vlodymyr Zelens’kyj su questo punto).