La manifestazione di New York sul Clima.
Ci sono tre grandi questioni su cui si discute ancora troppo poco:
la prima è il cambiamento climatico, il punto di non ritorno del riscaldamento globale è già superato. Questo vuol dire che se non mettiamo mano non solo ad un modello di energia alternativa ma anche ad una completa revisione dell’assetto urbanistico lungo i corsi d’acqua, nelle zone più esposte al dissesto idrogeologico, lungo le coste, andremo incontro a costi economici altissimi per rincorrere le emergenze che si susseguiranno con cadenza sempre più stringente, denari che dovremo sottrarre alle emergenze sociali proprie di un’altra emergenza di cui dirò. A questo va aggiunto il pericolo estensione dei deserti che contribuirà ad incrementare la fuga di milioni di persone dalle loro terre di origine. L’uomo è un essere intelligente sa trarre dalle situazioni di emergenza la spinta verso nuove scoperte, verso nuove soluzioni. Ma esiste anche l’illuminismo imbecille di quelli che non vedono al di la del proprio naso tanto una soluzione si trova, e questi mi pare che oggi siano la maggioranza.
La seconda è la guerra. Per fortuna Papa Francesco ha sdoganato il concetto che nessuno aveva ancora espresso in modo così chiaro: la terza guerra mondiale è in corso, a tappe, asimmetrica, come pare a voi, ma è li. Dietro la religione brandita come un arma di sterminio c’è la crisi dell’assetto geo politico nato dalla fine della seconda guerra mondiale, il sequel del colonialismo e della sua lunga metamorfosi e crisi, il controllo delle residue risorse energetiche, la sempre più importante questione del controllo delle riserve idriche. Ma c’è anche, noi non possiamo sfuggire a questa dimensione, la questione del controllo dell’uomo sul corpo della donna, il valore della vita, la laicità dello stato aspetti di un occidente con valori universali da preservare cui fa riscontro però l’altra faccia della medaglia ovvero la crisi della democrazia occidentale sempre meno convincente come strumento di liberazione globale e sempre più paravento di grandi oligarchie finanziarie, la distribuzione sempre più diseguale della ricchezza, l’ennesima variante del capitalismo con il suo ventre sempre gravido di mostri.
La terza è il debito. Il debito che il benessere di questa parte del mondo dove noi viviamo ha contratto con i miliardi di persone che abitano altrove per poter godere del proprio benessere. Il conto è in arrivo. Salatissimo. Si chiama disoccupazione, povertà. Per affrontare questa situazione dovremmo vincere la guerra contro l’egoismo, riscoprire il valore dei beni comuni, del controllo democratico sul loro uso e sulla loro distribuzione. Dovremmo dire che non è vero che si pagano troppe tasse ma che ci sono troppi che non le pagano e che i frutti dei sacrifici delle persone di buona volontà se ne vanno in corruzione, in interessi corporativi, in caste chiuse. Invece ci si illude che si esca diminuendo il bene comune in nome del far da se, la solita ricetta liberista riveduta e corretta fondata sull’egoismo di pochi e il sacrificio di molti.
Questi tre aspetti sembrano separati l’uno dall’altro ma in vero si tengono stretti in modo indissolubile. Quando cominceremo a parlarne sul serio sarà sempre troppo tardi.
25