In primo luogo devo un grazie ai tantissimi che hanno visitato il mio Blog in occasione del precedente articolo: “Alle regionali…dipende”, lo avete addirittura mandato in tilt; ancor di più grazie a chi non si è fermato al titolo e lo ha letto e condiviso. Avevo promesso che sarei tornato sul concetto di “cambiamento” che ha attraversato anche le primarie per la scelta del candidato del centro sinistra alle elezioni regionali del prossimo 31maggio. Ed eccomi qua. Sono una persona di sinistra che non crede che questa categoria sia superata e quindi seguo, cerco, scruto, tutto quello che odora di cambiamento. Pensando a questo articolo ho poi concluso di aver avuto la fortuna, con i miei quasi 58 anni, di vivere almeno tre grandi fasi di cambiamento. Ovvero tre grandi fasi in cui idee vecchie (“ lo sperma vecchio dei padri” in un verso di Metamorfosi del Banco del Mutuo Soccorso) sono state travolte da idee nuove. Perché il cambiamento è questo : sostituire, superare direbbe Marx, idee vecchie con idee nuove che per la loro forza e per i soggetti che le interpretano, si affermano e cambiano lo stato di cose presenti, offrendo alla realtà nuovi protagonisti . Magari in chiave autobiografica ne parlerò in un’altra occasione.
Con la mente sempre incollata a questa ricerca, sono incappato in due articoli che meritano di essere letti, Gli autori vengono presentati dal Sole 24 ore del 23 e 24 marzo scorso come “testimoni” della generazione che starebbe cambiando il nostro presente. Mi riferisco agli articoli di Raphael Glucksmann e Giuliano da Empoli. Entrambi i testi raccontano di rispettivi saggi di recente pubblicati. Credo che non si dovrebbero mai commentare libri che non si sono letti, infatti mi limito a commentare gli articoli degli autori che parlano dei loro medesimi saggi. E quindi mi sento abbastanza in regola.
Glucksmann : pensavamo di essere una generazione nata con la camicia e di poter vivere senza scossoni. Invece Putin e l’Ucraina, la Le Pen e il Fronte nazionale, gli “apprendisti jihadisti che inquinano i nostri quartieri” si impongono a noi come fautori di un ritorno indietro che ci costringe a nuotare contro corrente. Dobbiamo tornare a credere in qualcosa. Dismettere gli abiti post moderni e infilare le tutte da operaio. “dobbiamo trasformare i nostri sentimenti vagamente umanisti, il nostro indolente attaccamento alla libertà, le nostre pigre intuizioni mondialiste, in una visione, in un progetto, una ideologia. La sveglia ha suonato”. Le radici sono nell’illuminismo, nella libertà, nei valori “occidentali”.
E’ una analisi che colpisce perché ha un fondo solido di verità. Poi a me che sostengo da anni che abbiamo bisogno di meno utopia e di più ideologia, di meno sogni ( l’andare sempre oltre)e di più conflitto fra ricerche di “verità” storiche non coincidenti , il tema affascina non poco. Ma sono le idee che mi fanno cadere le braccia. Dietro al ragionamento di Glucksmann c’è l’ideologia del primato dell’occidente: bianco, americano, filo israeliano, industriale, armato in nome della libertà. Non c’è nemmeno il tentativo di capire perché milioni di persone si accodano al Califfato. La crisi degli assetti imposti da due guerre mondiali, il modo indecoroso con cui abbiamo continuato a lucrare con i governi post coloniali. Non sfiora nemmeno alla lontana il dubbio che caduto il muro di Berlino e l’Unione Sovietica l’illusione di un mondo mono polare ha fatto clamoroso fallimento perché era ed è insostenibile per miliardi di uomini e donne del mondo. L’idea tutta di destra della fine della storia ha disarmato le nostre coscienze e una intera generazione. Non si manifesta per nulla il dubbio sul fatto che il volto che l’occidente offre al mondo è quello di disuguaglianze crescenti fino all’impoverimento di massa, di negazione di prospettive per masse immense di giovani, di oligarchie che stanno soffocando democrazie ridotte ormai a simulacri dominate come sono dalla finanza e dai grandi giochi finanziari globali. Se queste sono le idee di una nuova generazione per il cambiamento mi pare che un futuro radioso sia alle nostre spalle, non davanti a noi. Sono idee sottomesse alla cultura dominante ad una ideologia di destra egemone negli ultimi trent’anni. Non ci porterà nulla di buono.
Giuliano Da Empoli fa un ragionamento invece più immerso nella crisi italiana. Un paese, dice l’intellettuale che ha collaborato con Renzi al comune di Firenze, che non riesce ad immaginare il futuro perché ha perso di vista il suo passato. Non riusciamo più a collocarci in una traiettoria storica perché siamo intrappolati in una cappa di eterno presente. Mentre , continua, le grandi potenze industriali dell’Occidente continuano a giocare un ruolo, a produrre innovazione e a crescere, noi sembra che abbiamo imboccato la strada dei giardinetti di Velletri. Siamo vecchi e incapaci a reagire non per lo spread ma per una sorta di amnesia su cosa siamo stati capaci di fare negli anni sessanta. Ecco la sua idea forte: la rivoluzione generazionale non è un incidente transitorio è un cambio epocale, l’unico cambiamento capace di riconnetterci con la vivacità degli anni sessanta. Che dire, anche qui qualche spunto interessante ma idee nuove zero. Gli anni sessanta sono stati anche gli anni del sacco di Palermo, della emigrazione di massa e dello spopolamento del Sud, dello sconquasso dei palazzinari romani, della scelta strategica della chimica a danno della informatica. Della vittoria della Fiat sulla Olivetti. Insomma di cosa stiamo parlando? Non si può appiattire tutto, bisogna scegliere qualcosa che attenga ai contenuti, ad una idea di sviluppo, ai soggetti sociali che siano capaci di presentarsi come forze nuove e dinamiche della storia altrimenti si mescola nel mortaio una minestra vecchia che odora di destra.
Direte ma tutto questo cosa centra con le nostre primarie marchigiane, con le prossime elezioni regionali.
Per me centra eccome. L’agitazione del cambiamento non connesso alla definizione di contenuti e idee davvero nuove non produce niente di buono e di idee non se ne sono sentite. Cambiamento, cambiamento, cambiamento. Fatti più in la direbbero le sorelle Bandiera. Ottimo e poi? Recentemente la regione Toscana ha approvato un provvedimento molto forte: il piano paesaggistico. Ha cercato di mettere la museruola agli speculatori delle cave di marmo delle Alpi Apuane, a chi punta a cementare coste e colline e addirittura a chi intende cambiare il paesaggio piantando nuovi vigneti a perdita d’occhio. Questa è una idea forte di futuro. Lo facciamo anche nelle Marche? Una misura forte che sposta l’asse dalle politiche sanitarie/ospedaliere ad una forte iniezione di risorse per il sociale, detto in altre parole chiudere ospedali e fare più assistenza sociale, andare contro al potere dei primari e delle aziende farmaceutiche per puntare alla lotta alla povertà per il benessere diffuso , è una scelta di sinistra che vogliamo fare o no? Non attardarci a difendere i simulacri di una vecchia articolazione amministrativa eredità del regime prefettizio/napoleonico, per ridisegnare la pubblica amministrazione e l’organizzazione dei servizi forse ci consente di giocare in attacco quella che sta diventando una quotidiana quanto inutile battaglia di resistenza in ogni provincia: può essere una idea forte e nuova?
Insomma il cambiamento è fatto di idee nuove e non di persone nuove che maneggiano idee vecchie. Questa è la sostanza della nostra difficoltà. Osare nel progetto non agitare bandierine.