ITIS Urbino 16 aprile 2018
ore 11-13
La Costituzione principi e valori

Buon giorno a tutte e tutti e grazie di questo invito.
Parte 1: Vorrei cominciare con alcune notizie che non sempre si tengono a mente.
L’Assemblea Costituente eletta il 2 e 3 giugno del 1946 a suffragio universale , per la prima volta anche femminile, era composta di 556 deputati di cui 21 donne.
L’Assemblea Costituente sommava in se l’attività costituente in senso stretto e la funzione legislativa di tipo parlamentare, stante che il grosso della attività legislativa era espressamente demandata al Governo. Poiché quelli fra il 1946 e il 1948 furono anni cruciali, potete immaginare la mole di lavoro per chi si trovava a guidare in diverse forme il paese.
Da notare l’assoluta “neutralità” del Governo rispetto alla attività Costituente. Durante i lavori della Assemblea che si tenevano a Montecitorio, i banchi del Governo rimanevano vuoti ad eccezione del Ministro espressamente delegato. Lo faccio notare anche per rilevare la profonda differenza fra questo metodo e quello relativo agli ultimi tentativi di riforma della Costituzione tutti approvati in Parlamento su impulso del Governo e con un attivismo molto forte dello stesso. il fatto ch siano stati per lo più tentativi falliti forse ha a che fare almeno in parte con questo vizio d’origine.
Pensate che Alcide De Gasperi, indubbiamente uno dei dirigenti politici più importanti se non il più importante dell’epoca, che svolgeva la funzione di Presidente del Consiglio, praticamente è inesistente negli atti della Assemblea Costituente.
L’Assemblea elesse Enrico De Nicola capo provvisorio dello Stato.
Discusse ed approvò importanti dichiarazioni programmatiche una per tutte l’adesione agli accordi di Bretton Woods che ressero gli equilibri monetari globali fino agli anni 70.
Diede la fiducia a 3 Governi il De Gasperi 2 ( DC, PCI, PSIUP, PRI) il De Gasperi 3 ( DC, PCI, PSI) e il De Gasperi 4. In particolare vorrei richiamare l’attenzione su quest’ultimo che segnò la estromissione dal Governo del PCI e del PSI, a seguito del diktat degli USA.
Nonostante questa grave frattura politica fra le forze del Comitato di Liberazione Nazionale lo spirito costituente rimase intatto, come intatto rimase nonostante le forti tensioni sociali, pensate alla strage di Portella della Ginestra il 1 maggio del 1947 e le non meno forti tensioni con il Vaticano che al pari degli USA fin dalla Liberazione insistette sul democristiano De Gasperi per la rottura con socialisti e comunisti.
Le elezioni del 2/3 giugno del 1946 videro la partecipazione al voto del 90% degli aventi diritto e fu un grande successo delle forze che avevano dato vita al Comitato di Liberazione Nazionale: La DC ottenne il 35,21% dei voti; il PSIUP il 20,68%; il PCI il 18,93.
Questa adesione ai grandi partiti antifascisti non deve indurre in errore rispetto al peso della eredità del passato. La Monarchia in quello stesso voto fu sconfitta a vantaggio della Repubblica ma solo per 2 milioni di voti e prevalse in tutto il Mezzogiorno.
In quella elezione vi furono anche partiti “singolari” come l’Uomo Qualunque che raccolse il 5,27% dei voti o altri come il Partito d’Azione che pur ottenendo uno scarso risultato ebbero una funzione rilevante nella Assemblea.
Il 1 gennaio 1948 entra in vigore la Costituzione.
Il successo della Assemblea va ricercato secondo me in alcuni fattori dominanti:
1 il desiderio di pace che saliva forte dal popolo italiano,
2 un metodo che oggi diremmo molto inclusivo e fondato sula forza del confronto e direi sulla forza della parola ( evitare che il testo fosse troppo descrittivo), a margine faccio notare la bellezza della lingua italiana che si evince dal testo,
3 Una unità di fondo nel ribadire i valori fondamentali dei diritti dell’uomo ereditati dalla rivoluzione francese e nell’unirvi concordemente i nuovi diritti sociali della persona e gli strumenti di giustizia sociale necessari a garantirli,
4 Il fondamentale ruolo dei Grandi partiti di Massa,
5 Lo spirito costituente, ovvero quello spirito non codificato che consentì di resistere a tutte le pressioni improprie esterne anche se molto potenti a superare i punti più critici del confronto in Assemblea, come il voto sull’art.7, ovvero il nodo cruciale non tanto del rapporto con la religione cattolica e della laicità dello Stato quanto della ” questione vaticana”.
Per capirlo bene questo spirito costituente il mio consiglio è di non limitarvi a leggere il testo della Costituzione approvata o i diversi commentari anche qualificati che ne vengono pubblicati, ma leggere direttamente i testi degli interventi alla Assemblea ovvero come i diversi protagonisti si confrontano, lo stile con cui si scontrano, come si formano le convergenze.
Ancora oggi quando la Corte Costituzionale ( molto interessante il dibattito in Assemblea anche su questo supremo organo) quando deve formulare una propria decisione fa spesso ricorso a quello “spirito costituente”.
Parte 2: Cos’è la Costituzione? prendo una delle definizioni più precise: La Costituzione racchiude le leggi che regolano i fondamenti di una organizzazione sociale”.
A cosa serve la Costituzione? La Costituzione serve storicamente a tutelare il cittadino dalla invadenza, dalla prepotenza, dalla arroganza e dall’arbitrio del potere. La Costituzione va letta con gli occhi della minoranza e non è uno strumento in mano delle maggioranze da brandire contro le minoranze stesse.
Nello stesso dibattito alla Assemblea si fa riferimento alle diverse esperienze costituzionali: la costituzione francese successiva alla rivoluzione del 1789; a quella russa del 1936 conseguente alla rivoluzione del 1917. La più antica costituzione comunque è quella degli USA ed è da segnalare che non tutti i paesi hanno una Costituzione. Il caso più emblematico è il regno di Gran Bretagna dove non si è mai ritenuto necessario codificare le loro regole comuni e fondamentali di convivenza. Ciò non toglie che queste non esistano e che non vengano rispettate.
Anche da questi esempi si dovrebbe dedurre che un popolo si da una Costituzione ( la stagione costituzionale del 19° secolo fu segnata da monarchie costrette a “concedere” delle Costituzioni – da noi lo Statuto Albertino del 4 marzo 1848 – a seguito di moti rivoluzionari in particolare essi si concentrarono attorno al 1848 da cui l’espressione “fare un 48”) a seguito di eventi rivoluzionari.
Per questo i costituenti si pongono ripetutamente la domanda: che senso ha quindi per un paese “sconfitto” in guerra darsi una Costituzione?
Ecco allora che i costituenti legano il loro lavoro ad una somma di eventi epocali in se “rivoluzionari” rispetto al dramma della stagione fascista:

a) riallacciarsi al sogno risorgimentale,
b) l’antifascismo,
c) la resistenza,
d) la lotta popolare di liberazione partigiana fatta a fianco degli eserciti alleati,
e) la scelta repubblicana.
Queste fondamenta si sono rivelate abbastanza robuste per evitare che la Costituzione ci venisse imposta dai vincitori come avvenne in Germania e per ricercare un comune denominatore fra le diverse forze, spesso davvero diverse fra loro.
In un dibattito in Assemblea un costituente disse che la bontà del lavoro svolto sarebbe stato giudicato dal tempo “se dopo 50 anni avremo ancora questo testo vorrà dire che il nostro lavoro ha avuto successo; se invece dopo 10 anni si tornerà a cambiare la Costituzione vorrà dire che abbiamo fallito” ( cito a memoria).
Posiamo dire a 70 anni di distanza che la nostra è una Costituzione che ha avuto successo.
Per darvi una idea di questo sforzo convergente vi porto ad esempio spezzoni di due interventi del marzo 1947:
On. Lucifero ( Monarchico):” La combinazione vuole, e forse non solo la combinazione, che in questa prima seduta dell’Assemblea che deve dare corpo e sostanza alla Repubblica italiana, prenda per primo la parola chi ha condotto senza riserve, senza reticenze, con piena lealtà, una grande battaglia e credo di poter dire una bella battaglia. E forse è opportuno che sia così perché è ora che monarchici e repubblicani si ritrovino sulla strada comune della Patria, e che conflitti e scissioni cessino dove non sono cessati…Noi vogliamo chiudere tutto quello che possa dividere il Paese e siamo qui per fare leggi tali da poter rimarginare le nostre piaghe e sopire tutti i risentimenti…”
E Togliatti (Comunista) argomentando sul perché facciamo una Costituzione :” E’ vero quello che ha detto l’on. Nitti: noi siamo responsabili del futuro verso i nostri figli, verso i nostri nipoti. Per questo facciamo una nuova Costituzione, cioè vogliamo fondare un ordinamento costituzionale nuovo, tenendo conto di quello che è accaduto, cioè tirando le somme di un processo storico e politico che si è concluso con una catastrofe nazionale.”
E’ una cura per la mente rileggere gli interventi alla Costituente. I leader dei partiti erano tutt’altro che reticenti. Le cose se le dicevano e con molta forza ma alla fine tutti sentivano la responsabilità non tanto di un compromesso lessicale ( cui si fece comunque a volte ricorso) ma di una vera base di unità.
Vi basti sapere che il 9 giugno del 1947, in piena attività della Assemblea Costituente, si rompe politicamente l’unità fra le forze antifasciste. De Gasperi va negli USA, tratta con gli americani i contenuti del noto piano Marshal, aiuti economici fondamentali alla nostra ripresa economica e nel contempo gli USA gli impongono di fare un nuovo Governo senza i comunisti e senza i socialisti. Siamo a pochi mesi dal grande scontro elettorale del 1948 eppure lo “spirito costituente” regge alla grande.
Sentiamo ancora Togliatti (Comunista): “…In realtà noi non abbiamo cercato un compromesso con mezzi deteriori, per lo meno in quella parte della Costituzione alla cui elaborazione io ho cercato di partecipare attivamente. Meglio sarebbe dire che abbiamo cercato di arrivare ad una unità, cioè di individuare quale poteva essere il terreno comune che fosse abbastanza solido perché si potesse costruire sopra di esso una Costituzione.”
In Grecia dove non si riuscì a far prevalere questo spirito costituente e dove inglesi e americani ebbero buon gioco nello spingere verso la negazione di qualsiasi compromesso con i comunisti che controllavano militarmente una parte del territorio si arrivò alla catastrofe della guerra civile, prologo di ciò che poi sarà la dittatura dei colonnelli che resse fino agli anni 70 del secolo scorso.
Quindi quando sentite la parola compromesso non dategli automaticamente un significato negativo.
Parte 3:La consapevolezza di ciò che era accaduto con il fascismo segnò profondamente il testo costituzionale anche a costo di profonde incomprensioni e polemiche.
Una delle più forti fu senza dubbio quella sull’art.7 (La questione vaticana e i patti lateranensi). Eppure il primario obiettivo di evitare che la religione diventasse un elemento di frattura insanabile fra il popolo italiano spinse il PCI e la DC al compromesso che trovate scritto in Costituzione. I liberali, i socialisti, gli azionisti furono tutti contrari.
Sentiamo Pietro Nenni (Socialista): “Ora come dico che non abbiamo l’intenzione di sollevare la questione dei Patti Lateranensi, così aggiungo che non possiamo accettare che, in aperta violazione con lo spirito laico, i Patti Lateranensi siano inseriti nella Costituzione…Che la Chiesa abbia pensato di tutelarsi ( durante il fascismo) con il Concordato, è comprensibile. ma oggi, credete davvero, onorevoli colleghi, che per assicurare il prestigio della religione e del Vaticano sia necessario che il Sommo Pontefice sia sovrano su 44 ettari di territorio che costituiscono lo Stato Vaticano?”
Un altro bel dibattito per contenuti e vivacità fu sul fatto se la nostra Costituzione dovesse “afascista” oppure “antifascista”. L’esito di quella discussione ha effetti tutt’ora oggetto di contese .
Sentiamo ancora Lucifero: ” Oggi la Costituzione deve condurci all’a-fascismo, verso quella concezione che resta liberale perché è la concezione di uno Stato di uomini liberi, la cui libertà è negazione del fascismo. E solo a-fascista può essere lo Stato democratico perché la democrazia (mi perdoni l’on. Togliatti) non ammette aggettivazioni . La democrazia è una, la democrazia è un piano sul quale ciascuno di noi combatte la propria battaglia e nel quale ciascuno di noi trova le sue garanzie. La democrazia non può essere né nostra, né vostra, né loro; la democrazia è di tutti, come la libertà, che, se non è di tutti, non è di nessuno”
Sembra non fare una piega, però è un discorso astratto, tipico della cultura liberale, che non tiene conto della realtà concreta vissuta dal paese e del fatto che se in passato la cultura liberale è stata travolta dal fascismo ciò può tornare ad accadere.
Ecco dunque come risponde un giovanissimo Aldo Moro (democristiano): ” Non possiamo fare in questo senso una Costituzione a-fascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro Paese un movimento storico di importanza grandissima, il quale nella sua negatività ha travolto per anni le coscienze e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale”.

Cosa differenzia le Costituzioni del 900 da quelle del 700/800? In quelle vi erano tre assi fondamentali: 1- la sovranità apparteneva al Re; 2- Vi trovavano tutela diritti civili ( diritti civili dell’epoca ovviamente) 3- si rafforzava la libertà economica; 4- si affermava una divisione dei poteri . Al centro c’è formalmente l’uomo/imprenditore/proprietario. Sono Costituzioni infatti segnate da una borghesia crescente che chiede spazio nella società e nella politica.
Nelle Costituzioni del ‘900 invece fa irruzione il popolo. Il lavoro. I lavoratori. La nostra dice all’art1: la sovranità appartiene al popolo che la esercita ecc…
Quindi non ci si limita più ad elencare dei diritti liberali, si fanno avanti esigenze connesse a diritti sociali nuovi frutto dell’emergere di classi sociali nuove prodotte dalla industria crescente e dal lavoro di massa.
Nella riflessione dei nostri costituenti questo fatto assume una rilevanza molto forte e viene riconosciuto abbastanza trasversalmente, sicuramente dalla DC, dal PCI e dal PSI.
Perché i diritti sociali assumono tanta importanza? Non solo per un astratto bisogno di giustizia sociale. No. Perché i costituenti hanno ben presente che ad esempio in Italia non fu necessario in un primo momento negare le garanzie liberali scritte nello Statuto Albertino per arrivare al Fascismo. Solo dopo il Fascismo sciolse il Parlamento, i partiti, i Comuni fino alle leggi razziali.
Diciamola così: un popolo disarmato nella possibilità di veder tutelati i propri diritti sociali può arrivare a percepire le garanzie liberali come qualcosa di vuoto, di lontano da se e contribuire a travolgerle. Questo era accaduto. Con l’aggiunta che forze forti nei loro privilegi e nei loro poteri politici ed economici possono usare questo sentimento popolare per affermare la dittatura: quello che Gramsci chiamò “il sovversivismo delle classi dirigenti”.
Ecco allora la chiarezza della nostra Costituzione nel declinare i diritti civili e sociali e anche la cautela della nostra Costituzione quando si riferisce genericamente al popolo.
“la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Questo dice il nostro art.1. Poteva fermarsi a “la sovranità appartiene al popolo”, invece no. Evidentemente era ben chiaro a tutti il carattere popolare e di massa che aveva assunto il fascismo.
Proprio la ricerca di una garanzia che tutelasse i diritti e gli equilibri previsti dalla Costituzione da possibili nuove spallate che con il sostegno popolare potrebbero verificarsi, proprio la ricerca di questa garanzia finì per sostenere il bicameralismo come oggi lo conosciamo, oggetto di tante dispute.
La sinistra, comunisti e socialisti, magari illusi dopo il voto del 1946 che sommando i loro voti alle prime elezioni politiche del 1948 avrebbero vinto, cosa che non accadrà, sostennero il monocameralismo, considerando il Senato un retaggio regio e soprattutto un inciampo alla attività legislativa.
La ebbe vinta la DC e credo che gli stessi socialisti e comunisti dopo il 1948 non se ne rammaricarono in particolare per il periodo di “guerra fredda” che ebbe inizio.
Al centro di questo potere democratico ci sono quindi i diritti. Chi è titolare dei diritti? Sono i cittadini in quanto parte di una comunità chiamata Stato oppure sono le persone in quanto esseri umani? Siamo di fronte ad un altro dei grandi dibattiti della Assemblea, e anche qui si crea una inedita alleanza fra democristiani e comunisti da una parte e i liberali dall’altra: i diritti risiedono nella persona.
Ma qui si apre un altra disputa importante. Tutti quei bellissimi principi fondamentali sono effettivamente diritti esigibili dalla persona o sono obbiettivi cui tende la Costituzione.
Calamandrei sostanzialmente dice: ” ma siete sicuri che tutto quello che si dice all’art.3, all’art.4 siano diritti esigibili? Se domani un italiano viene e mi dice che la Repubblica riconosce a tutti il diritto al lavoro e io non sono in grado di soddisfare quel diritto come facciamo. Non è meglio mettere tutti questi principi fondamentali in un bel preambolo altrettanto chiaro e importante?”
Togliatti risponde dottamente citando Dante e affermando che scritti così, in articoli della Carta, quei principi avrebbero guidato più precisamente la mano del legislatore chiamato ad attuare la Costituzione
Sentite quanto è bella questa citazione di Dante: Noi preparatori della Costituzione dobbiamo fare “come quelli che va di notte – che porta il lume dietro a se- e a sé non giova- ma dopo sé fa le persone dotte”.
Togliatti ovviamente non poteva sapere che l’attuazione dei diritti e dei principi articolati nella Costituzione troveranno una attuazione dopo tanti anni e dopo lotte e conflitti molto duri. I diritti del lavoro, il diritto alla salute, il diritto all’esercizio del referendum, l’istituzione delle regioni, tute grandi questioni che dovranno attendere gli anni 70 del secolo scorso per vedere una loro codificazione. Altri principi e diritti attendono ancora.
Questo richiamo al legislatore, fatto in modo esplicito e perentorio lo si capisce bene nella impuntatura di Lelio Basso che non si da pace fino a quando nell’art.3 secondo comma non verrà inserito un “di fatto”
” E’ compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando DI FATTO la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese” Sentite che immediata concretezza che da quel “di fatto”: grandezza della lingua italiana.
Quando si parla di diritti sociali si fa riferimento spesso al lavoro e ai lavoratori. Questa è una caratteristica molto forte della nostra Costituzione anche se dovremo aspettare il 1970 con lo statuto per vedere approvate leggi conseguenti. E qui viene a galla un altra caratteristica della nostra Costituzione. proprio la sua concretezza ne ha sempre fatto strumento di lotte, i suoi principi non sono mai stati solo carta da leggere ma programmi di lotta capaci di mobilitare milioni di persone. Anche per questo io credo la nostra Carta sia così amata.
Parte 4: Per quanto riguarda i diritti elencati negli articoli al Titolo I, che definirei i nostri diritti quotidiani, vorrei solo farvi notare come siamo di fronte a diritti che diamo per scontati, purtroppo. Mi riferisco ad esempio alla riservatezza della corrispondenza, o l’inviolabilità del domicilio. Eppure mi chiedo quanti di questi diritti oggi sono messi a dura prova dagli smartphone e dalla invadenza delle nuove tecnologie in generale.
Questo dovrebbe farci ragionare su ciò che nella Costituzione non c’è e fa riferimento alle grandi contraddizioni dell’oggi: tecnologia invasiva; scoperte scientifiche che hanno a che fare con il genoma; la crisi ambientale del pianeta, la cultura della differenza di genere. Eppure nella loro essenzialità e chiarezza valoriale gli articoli della Costituzione ci possono guidare anche nell’affrontare queste grandi incognite del tempo nuovo. La Costituzione non è, comunque immodificabile e all’art.138 i Costituenti ne hanno descritto la modalità, sincerandosi che questa sia particolarmente garantista ma non per questo inagibile.
Non posso parlarvi di tutto e allora farò solo alcune battute su aspetti che magari incontriamo nella vita quotidiana e quando ne parliamo magari non rammentiamo che sono aspetti trattati precisamente nella Costituzione.
Penso alla indipendenza della magistratura: croce e delizia della vicenda politica degli ultimi 25 anni. Se si portasse alle estreme conseguenze il principio che la sovranità appartiene al popolo perché la magistratura dovrebbe essere indipendente dal Parlamento che quel popolo rappresenta? Dibattito ve ne fu eccome su questo punto ed esso si concentrò ad esempio sull’organo di autogoverno della Magistratura, il Consiglio Superiore della Magistratura, e non risparmiò neppure la previsione della stessa Corte Costituzionale.
A parere di molti, anche qui in particolare della sinistra, solo il Parlamento può dire se una legge sia o no conforme alla Costituzione. L’idea di un organismo formato in modo non direttamente dipendente dal Parlamento cui sarebbe spettato il supremo giudizio sulle leggi dal punto di vista della loro coerenza con la Costituzione, dava l’idea di una casta posta al di sopra del supremo luogo di rappresentanza del popolo. Dopo anni credo che le culture più avvedute della sinistra abbiano ben compreso quanto sia stato importante che la loro opinione di allora non abbia prevalso. Infatti il dibattito alla fine giunse ad una sintesi molto importante ed equilibrata che possiamo apprezzare nella vita di tutti i giorni e dobbiamo esserne orgogliosi.
Come possiamo apprezzare ad esempio l’art. 41: L’iniziativa economica privata e` libera. Non puo` svolgersi in contrasto con l’utilita` sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta`, alla dignita` umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perche´ l’attivita` economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali .
Questo articolo sicuramente è stato quello che il legislatore negli anni successivi ha più ostacolato e che anche i pronunciamenti della magistratura amministrativa e della stessa Corte Costituzionale hanno finito per depotenziare a vantaggio della proprietà privata e del libero mercato, per non dire delle più recenti disposizioni europee. Nonostante ciò il principio della utilità sociale della proprietà privata consente magari a molti di voi di vivere in una casa popolare realizzata espropriando una proprietà privata per l’interesse sociale; o che si possa discutere della “nazionalizzazione” dell’Ilva di Taranto sapendo che non si è fuori dal solco tracciato dai costituenti; o che si possano prendere provvedimenti restrittivi verso la proprietà privata per tutelare la salute dei lavoratori e dei cittadini.
E se malauguratamente dobbiamo rivolgerci ad un Ospedale il fatto che non ci chiedano la carta di credito è perché esiste l’art.32 della Costituzione; anche se per vedere attuato questo articolo si dovette aspettare la legge 833 del 1978.
Oggi viviamo in un periodo frutto di un attacco radicale al ruolo dei partiti eppure ai partiti siamo tutti debitori della bontà della nostra Costituzione e quando parliamo ad esempio della eliminazione del finanziamento pubblico della politica mettiamo a rischio uno dei principi contenuti nella Costituzione perché è con i partiti che i cittadini possono concorrere alla vita democratica, art.49 della Carta.
Altrettanto quando si vuole ledere l’indipendenza del parlamentare mettendo in discussione che egli deve esercitare il suo ruolo senza vincolo di mandato (art.67) tocchiamo un nervo delicatissimo della democrazia.
La rappresentanza parlamentare non può tornare ad essere ad esclusiva disponibilità di chi ha denaro e il singolo parlamentare deve essere libero dalla pressione che gli può venire da qualsiasi potere esterno e alieno alla sua coscienza e autonomia. Vi invito a tenere a mente questo principio.
Da ultimo due parole sul Presidente della Repubblica. La lungimiranza dei nostri Costituenti ne hanno fatto una figura singolare: sembra non esistere quando il sistema politico funziona, il Parlamento lavora ecc. Ha invece un potere importantissimo, basta leggersi l’art.87 della Costituzione per capire come egli si trovi proprio allo snodo del sistema, equilibrio fra i diversi poteri e come nei momenti in cui il sistema politico è in sofferenza e il Parlamento in crisi il suo ruolo sia determinante. Non è un cerimoniere, non è un passacarte, è uno straordinario punto di equilibrio di tutto il sistema.