Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (A.C. 4865-A)-  Intervento in Aula dell’on. Giovanelli.

Signor Presidente, signor sottosegretario, ogni anno facciamo la «letterina» di impegno affinché il prossimo provvedimento «milleproroghe» sia migliore di quello passato, ma è davvero necessario riflettere su questo strumento, sul perché ci troviamo sempre in questa situazione.
Probabilmente, quando abbiamo modificato le modalità e i contenuti della legge finanziaria, pensando di esserci tolti di mezzo quello spettacolo poco edificante che portava a tanti provvedimenti minuti, non abbiamo tenuto conto che poi ci sono delle necessità che in qualche modo vanno raccordate; così ci troviamo a discutere spesso di un «milleproroghe» di termini previsti dalle leggi che si trasformano in proroghe, in verità, di finanziamenti, piuttosto che in artifici per nuovi finanziamenti. In tal senso, non aiutano spesso neanche le ammissibilità che qualche volta danno la sensazione di fare dei figli e dei figliastri rispetto alle proposte dei singoli parlamentari.
Anche gli stessi pareri del Governo sui singoli emendamenti qualche volta danno la sensazione più di preoccuparsi di accontentare un po’ tutte le parti politiche piuttosto che tenere un atteggiamento rigoroso qual è quello che è necessario avere rispetto a questioni così delicate.
Infatti credo – lo dico anche per la mia appartenenza alla Commissione affari costituzionali – che noi ci aspettiamo tutti che questa fase di transizione, che vede un Governo diverso, nella sua composizione e nel suo scopo, rispetto a quelli propriamente parlamentari, dia una mano a ritrovare quella sobrietà e rigore che non è soltanto un problema di cifre, ma è anche un problema di rispetto delle regole istituzionali, di equilibrio tra ciò che si deve fare e ciò che oggettivamente si può fare. Quindi, dobbiamo evitare che provvedimenti come questi assumano un po’ il carattere di una «legge mancia» perenne.
Ho vissuto un momento, lo dico anche per esternare un imbarazzo, in cui nelle Commissioni riunite ad un certo punto c’erano persone che non facevano parte delle Commissioni, che discutevano con i commissari e che trattavano questioni che riguardavano categorie, settori della nostra società.
Io credo che le Presidenze, gli uffici di presidenza dovrebbero avvertire il pericolo che sta dietro a questo atteggiamento, a questo degrado.
Quindi, mi auguro che ci sia davvero un impegno a rimettere un po’ le bocce al loro posto, a tenere le cose in ordine da un punto di vista istituzionale perché questo Paese ne ha bisogno; come, secondo me, ha bisogno, ad esempio, di un segnale chiarissimo non solo di non trasformare Pag. 33tutti questi provvedimenti in tante «leggi mancia», ma proprio di eliminare la «legge mancia». Il Governo dovrebbe prendere una posizione rigorosa e chiedere l’eliminazione, la cancellazione di quella vergogna che viene nominata «legge mancia». Credo che sia un segnale che sarebbe apprezzato da tutti nel Paese e da tutte le persone serie di questo Parlamento.
Vengo ora alle questioni di merito. All’articolo 1 noi trattiamo alcune proroghe in materia di assunzioni. Abbiamo cercato all’interno di questo articolo di discutere in modo più meditato rispetto alle questioni che si aprono con la scelta strategica che il Governo ha fatto con il cosiddetto decreto «Salva Italia» e che noi abbiamo condiviso nei suoi obiettivi, di incorporare all’interno dell’INPS sia l’INPDAP che l’ENPALS e l’abbiamo fatto, secondo me, con un atteggiamento corretto.
Abbiamo sostanzialmente detto quello che qualsiasi manager non di particolare bravura, ma con un briciolo di buonsenso direbbe, e cioè che, prima di sancire che esistono dei lavoratori soprannumerari che devono essere collocati in una situazione di eccedenza, poiché dobbiamo mettere insieme tre istituti, senza assorbire l’INPDAP e l’ENPAS nell’INPS, ma cogliere l’occasione per fare un nuovo grande istituto previdenziale, vi sono delle operazioni minimali che vanno espletate. La prima: verificare se vi sono lavoratori soprannumerari o eccedenze e che queste vengano certificate alla fine del processo di riorganizzazione. Mi pare che questo, in parte, sia stato accolto con un emendamento Cazzola, che ha assorbito anche un emendamento a mia prima firma, e ciò perché è ragionevole. Nessuno può dire che vi sono dei soprannumerari in eccedenza prima ancora di aver iniziato a fare un processo di riorganizzazione: si faccia il processo di riorganizzazione e poi si veda. L’altro atteggiamento che, invece, non è stato possibile, a causa dell’inammissibilità di due commi del mio emendamento, è che, nelle more di questa situazione, l’INPS non deve procedere ad altre assunzioni, perché altrimenti si altera il meccanismo del pari trattamento fra lavoratori che svolgono le stesse funzioni e che provengono da istituti diversi.
Si tratta di una aspetto che risponde, anche questo, ad un criterio di ragionevolezza: se devo fondere tre istituti e farne uno nuovo, non è che per uno continuo a fare tutto come prima e, quindi, assumo dirigenti (è di oggi l’ennesima notizia), vado avanti nello sfruttamento di graduatorie di concorsi già effettuati, magari pensando anche di bandire altri concorsi, mentre gli altri, quelli che provengono dagli altri istituti, li metto in eccedenza. Si tratta di un approccio alla questione che ci creerà dei problemi, e quindi mi auguro e credo che, oltre ad approvare anche in Aula, ovviamente, l’emendamento che è già stato approvato in Commissione, sia assolutamente opportuno e necessario approvare un ordine del giorno che disciplini, in qualche modo, e indichi all’INPS un comportamento corretto, da questo punto di vista.
L’altra questione che vorrei in qualche modo affrontare, con questo mio intervento, è relativa alle misure in materia di enti locali. Non mi aspettavo, sicuramente – l’ho detto all’inizio che non bisogna trasformare questo provvedimento in qualcosa che non deve essere -, che fosse questa la sede nella quale ci saremmo riappropriati della questione strategica del ruolo degli enti locali, in una fase di crisi drammatica del nostro Paese in cui abbiamo bisogno di accelerare e semplificare gli strumenti che possono rilanciare la crescita e l’economia.
Tuttavia, mi aspetto, e ci aspettiamo, come gruppo del Partito Democratico, che questa attenzione al ruolo centrale degli enti locali, in una strategia della crescita e della semplificazione amministrativa, avvenga nei provvedimenti che sono annunciati e che sono all’attenzione del Governo in questi giorni, perché dobbiamo uscire da una situazione nella quale ci siamo trovati troppe volte in questi anni: quella di considerare gli enti locali un impaccio, uno spreco e un costo, quando invece sono Pag. 34una leva fondamentale per accelerare le risposte alla crisi che questo Paese attraversa.
Da questo punto di vista, credo che questo «milleproroghe» – e colgo l’occasione per sottolinearlo, con questo intervento – ci evidenzi quanto sia stato sbagliato e quanto riteniamo non si debba più percorrere: confondere aspetti ordinamentali che attengono alla vita degli enti locali con quelli specificamente economici e, quindi, ci troviamo, con questo provvedimento, a prorogare la funzione degli ATO quando, nel dibattito sull’ordinamento, ormai, è prevalente il giudizio di un superamento di questi livelli di coordinamento e di gestione. Gli ATO, che abbiamo abolito per risparmiare, oggi, siccome non abbiamo completato il percorso di riforma dell’ordinamento, siamo costretti a prorogarli.
Ci troviamo a discutere di prefetture e di uffici periferici dello Stato nelle nuove province che abbiamo istituito, quando siamo nel pieno del dibattito in ordine al superamento e all’abolizione delle province così come esse sono. Ci troviamo a discutere oggi della proroga di sei mesi dei tempi entro quali i comuni sotto i 5 mila abitanti si devono organizzare per gestire in modo associato le funzioni. Si tratta di una misura che è stata inserita in un provvedimento economico che attiene all’ordinamento e poiché non siamo pronti, facciamo questa bella confusione ma credo ci debba servire da lezione: mai e poi mai bisogna confondere aspetti economici e finanziari con aspetti ordinamentali, perché, altrimenti, ci troveremo in questo guazzabuglio e nel dover prorogare misure che diciamo di dover superare, nonché funzioni da associare che meriterebbero di essere accelerate, discutendo di province nuove, quando ancora siamo nel pieno del dibattito in ordine al superamento delle province. Allora, vorrei fare una raccomandazione alla Camera e al Governo, perché si superi questo atteggiamento sbagliato.  Non voglio ovviamente evitare – concludo signor Presidente – di sottolineare ovviamente gli aspetti positivi che sono presenti in questo «mille proroghe» e che riguardano gli enti locali, come quello dei servizi educativi, la proroga degli sfratti, il tema del trasporto pubblico locale, la questione delle riscossioni, tutte questioni che vanno ad alleggerire, diciamo così, per quanto sia possibile, una situazione drammatica come quella in cui si trovano oggi gli enti locali. Vi sono due semplici considerazioni che vorrei svolgere. Non capisco perché i comuni debbano continuare a pagare l’agenzia dei segretari comunali che abbiamo abolito. Se l’abbiamo abolita e deve rimanere in piedi se ne faccia carico il Ministero, se ne faccia carico lo Stato. Secondo: perché non siamo riusciti a portare a termine l’obiettivo di distinguere, per quanto riguarda la tassazione sugli immobili, i terreni coltivati da quelli non coltivati? Perché non abbiamo saputo fare questa distinzione che sarebbe stata ispirata ad un principio di giustizia e di rispetto per chi lavora in campagna?
Ringrazio per l’attenzione e chiedo scusa al Presidente per aver superato di qualche minuto il tempo previsto.