IL MANTELLO STELLATO DI MAGO MERLINO
Politica- 5 minuti lettura
Prima ci furono gli “arancioni” e non intendo gli Hare Krishna ma i sindaci Pisapia Zedda De Magistris Doria e ci metterei anche Orlando che si imposero, spesso nonostante il Partito Democratico, nelle grandi città di Milano Cagliari Napoli Genova e Palermo. Poi arrivarono i 5 Stelle e si presero Roma e Torino con due giovani donne (nessuna donna sarà sindaco in un capoluogo di Provincia nei comuni andati al voto in questa tornata elettorale). Siamo tornati alla normalità ? No, ora è il tempo di Mago Merlino. Le grandi città non sono mai state terreno facile per il centro destra in particolare dopo la crisi ormai decennale di Forza Italia. Certamente non erano governate dal centro destra le grandi città che sono andate al voto il 3 ottobre. Soprattutto non lo erano Milano e Bologna dove i meriti acquisiti dai governi uscenti hanno giustamente pesato. Ma sfido chiunque a considerare il governo di De Magistris a Napoli di destra. Quindi il vero sconfitto è il partito ( adesso si può chiamare così) dei 5 Stelle.
E il centro destra? Perde? Almeno per ora ( a Torino, Roma e Trieste si andrà al ballottaggio) perde Napoli nella gara a chi arriva per primo a coprire il vuoto lasciato dai 5 Stelle e dall’ultimo degli “arancioni”. Napoli è interessante perché potrebbe assurgere ad essere il caso modello di un futuro progetto politico. Lì la partita era davvero aperta e il centro destra l’ha persa già nella fase della scelta dei candidati. Merito quindi alla duttilità e al tempismo del centro sinistra il quale ha però un problema. Un progetto Napoli sposterebbe l’asse verso il centro per arrivare a toccare pezzi di centrodestra, di Forza Italia in particolare, che infatti hanno largamente scelto il magnifico rettore Manfredi.
Su tutto si stende il magico mantello stellato di Mago Merlino Draghi. Se è vero come è vero che il voto delle grandi città si assomiglia al voto per le politiche perché vi converge una significativa percentuale di voto di opinione, è innegabile che il vero vincitore della partita è Lui, l’effetto Draghi. Il centro sinistra mostrandosi la più fedele guardia reale ne trae beneficio. Volete la controprova? Pensate solo un attimo a cosa sarebbe accaduto se avesse prevalso nel centro sinistra la linea #Avanti con Conte. Oggi Salvini sarebbe da qualche parte a festeggiare e il centro destra sarebbe più unito che mai. Quello che il Capitano non ha capito è che nel momento in cui, sotto la spinta della pandemia e dei soldi di Next Generation EU, i suoi referenti sociali lo costrinsero ad entrare nel governo Draghi la Lega doveva tornare ad essere l’unica possibile ovvero la Lega Nord, il partito del PIL. La battuta del ministro Giorgetti su un possibile sostegno a Calenda nella corsa per Roma testimoniava la piena comprensione di questo scenario.
Dopodiché bisogna stare alla realtà delle cose. Non siamo davanti ad un trionfo del centro sinistra e ad una sconfitta irreversibile del centro destra. Lo si legge benissimo se si scende giù per i rami del Paese e si analizza il voto nelle città medie e soprattutto nei piccoli comuni. E quando si vota per le politiche vota il paese intero. I dati per ora acquisibili e che rimarranno tali per una fase politica non breve sono: 1) che la pandemia ha svuotato per ora le forze antisistema e ha riportato al centro dell’attenzione popolare il “sistema”, con tutti i suoi difetti opacità consorterie, per un naturale bisogno di protezione. La destra che ha sempre rappresentato nell’immaginario popolare l’idea di sicurezza contrapposta all’idea di solidarietà della sinistra si è trovata ad incarnare l’idea dell’insicurezza e se continua così la pagherà cara. Coloro i quali si proponevano di dare voce al paese profondo allontanatosi dai partiti e dalle istituzioni presentandosi come forze antisistema per ora hanno la porta sbarrata. 2) Quel paese profondo è ancora intatto e ancora lontano dai partiti e dalle istituzioni e si è concentrato nell’enorme dato di astensione. Tutti i sindaci eletti nelle grandi città sono stati eletti da una minoranza dei loro concittadini e non era mai accaduto prima se non per alcune elezioni suppletive nelle regionali e nelle politiche. 3) Probabilmente ci troviamo in un momento di sfiducia verso la possibilità di costruire un paese migliore dal basso. Le elezioni amministrative hanno spesso segnato una riscossa dal basso verso un cambiamento auspicato che mettesse in discussione la stagnazione e i limiti del governo centrale. Accadde nel 1975 e poi nel 1993. Nel mezzo a crisi di sistema le città diedero un appiglio alle speranza delle persone. Questa volta sembra essersi manifestato un fenomeno opposto: di fronte ad una crisi di sistema l’appiglio sembra essere lontano dalla possibilità di incidere dei cittadini i quali stanno a guardare, impauriti, speranzosi o sfiduciati. 4) I partiti continuano ad essere assenti divisi fra stucchevoli teatrini nel palcoscenico di corte nazionale o contese personali per il potere locale. La rigenerazione dei partiti come corpi intermedi fondamentali per rappresentare le istanze popolari e garantire la dialettica democratica non è ancora stata avviata se mai lo sarà. 5) L’assenza, in particolare da parte delle forze che si richiamano ai valori della sinistra, di una lotta per l’egemonia nella determinazione delle politiche di uscita dalla crisi e una convergenza definitiva verso una logia neocentrista ( modello Ursula ) lascia intatto quel serbatoio di opinione popolare che può essere nuovamente mobilitato da una ondata populista.
Le domande per nulla oziose che mi pongo sono queste. Fra ondate populiste ricorrenti e altrettanto ricorrenti “strette (potenzialmente anche autoritarie) di Sistema” , facce opposte della stessa medaglia, la Democrazia e la normale dialettica destra sinistra per il governo che fine fa? E ancora, il sistema istituzionale italiano definito dalla Costituzione che da fiducia al protagonismo delle città e delle autonomie, (tema a me particolarmente caro per quella sorta di vitale biodiversità politica che genera), è finito oppure, date per irrisolte le inefficienze del Sistema centrale, si genereranno nuove faglie fra aree ricche e aree deboli del paese tali da riaccendere spinte separatiste e conflittualità territoriali? E chi governerà queste tensioni se nel frattempo si sarà svuotata l’autorevolezza e la funzione di città e regioni in nome del potere magico di un Mago Merlino?
Rompere il circolo vizioso “potere coercitivo del sistema/populismo e ingovernabilità/potere coercitivo del sistema” per ricreare una dialettica destra/sinistra. Non sarà facile ma lo vedo sempre più come assolutamente necessario. I passaggi cruciali saranno l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, la riforma elettorale in senso proporzionale per ridare centralità al Parlamento e che davvero ( può sembrare strano che io lo auspichi) Renzi si rimbocchi le maniche e assieme a Calenda , Berlusconi e Giorgetti diano vita ad un polo moderato di centro destra.
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