L’Associazione Apriti Pesaro per merito del suo gruppo cultura ha svolto un  incontro dove sono stati presi in esame una serie di aspetti della vita culturale della nostra città. I temi della qualità urbana e la riflessione sul destino di edifici strategici come il San Benedetto, l’ex Bramante, l’ex Consorzio Agrario sul Porto, l’ex Tribunale.  La crisi di istituzioni fondamentali come la Biblioteca e i Musei Oliveriani, il Centro Arti Visive Pescheria.  Lo stato dell’attività e della gestione del Teatro Rossini e degli altri teatri, della Biblioteca San Giovanni e delle biblioteche di quartiere. Il ruolo della scuola; il contesto dei colli da integrare al disegno culturale della città.  I mosaici del Duomo e tutto il tema della valorizzazione dei siti archeologici. Il nesso strategicamente da portare a sintesi fra Rof, Fondazione Rossini e Conservatorio. Tutto è stato preso in esame con un forte accento critico verso l’amministrazione comunale che pare più dedita alla ricerca di qualche effetto speciale che a tenere insieme questo immenso patrimonio di beni e attività. Una amministrazione che dovrebbe valorizzare e sostenere il lavoro meritorio di una miriade di associazioni che prese singolarmente rischiano di essere delle monadi ma che viste nell’insieme (questo dovrebbe fare il Comune), sono un sistema fortissimo.

Tre sono le parole che mi hanno particolarmente colpito e che hanno attraversato trasversalmente tutti gli interventi, alcuni dei quali mi hanno coinvolto anche in una riflessione autocritica. Del resto io non sono stato sulle nuvole in questi anni, qualche responsabilità l’ho avuta.

Rimozione: una gestione amministrativa tutta schiacciata sulla comunicazione porta a rimuovere questioni fondamentali per la cultura della città, sulle quali i riflettori dovrebbero rimanere sempre accesi. Esempio emblematico gli anni di chiusura dei Musei Oliveriani. Il destino misero cui sembra andare incontro il San Benedetto  forse l’unico edificio su cui è ancora possibile puntare per un grande museo della città dove  trovino spazio tutte le ricchezze e i linguaggi oggi tenuti ai margini. Ma gli esempi potrebbero essere altri, dai plurimi annunci di riapertura alla musica del vecchio Palas , alla perdita del senso originario della funzione del centro Pescheria.

Sfilacciamento: una gestione amministrativa che non coglie i nessi fra le diverse attività. Che rischia di scivolare verso l’estemporaneità, la frammentarietà.  Che non sente il bisogno di chiamare i tanti protagonisti della vita culturale cittadina ad una visione condivisa e comune. In questo contesto anche le cose belle, a me la piazza Mosca piace, diventano episodi.

Banalizzazione : un tratto emerso in quella surreale questione che ha riguardato il Monumento alla Resistenza, ma  purtroppo emerso in buona misura anche in tutta la gestione del 150° della morte di Rossini. Più in generale si trova la tendenza alla banalizzazione  in tutte le forme di gestione culturale, a partire dalla attività del teatro Rossini, che non rispondono più ad un progetto  ma scivolano verso il mercato e la dittatura del botteghino.

A queste tre parole ne aggiungo una tutta mia, provincialismo.

Quando Pesaro affidò, fra le prime in Italia il suo disegno urbanistico ad un grande istituto di cultura e la cosa ebbe giustamente rilievo nazionale, non pensò che fosse figo, ma che fosse giusto e utile. Così quando pensò di dare il via alle edizioni critiche delle opere di Rossini, al Rof. Quando sostenne l’originale esperienza di comunicazione di pubblica utilità con Massimo Dolcini. Quando fece una innovativa esperienza di riorganizzazione della Amministrazione che ci portò alla attenzione delle principali università italiane o aprì quel gioiello che è la biblioteca San Giovanni.

Nessuno cercava notorietà. Pensammo che fosse giusto, che rispondesse ad una visione coerente con la nostra politica. E furono scelte che contribuirono a sprovincializzare non poco il nostro essere città di provincia.  Un rischio sempre latente.

Oggi sembra che dobbiamo far parlare di noi a prescindere. Ma non basta farsi fotografare con Gianni letta, Walter Veltroni o Luca Zingaretti. Degnissime e stimabilissime persone sia chiaro. Ma un progetto culturale per la città è un’altra cosa.

Speriamo che di questo ci sia modo di parlare seriamente in un futuro non troppo lontano.