“GuerraContinua”

Guerra Continua è la condizione in cui le classi dirigenti occidentali ci stanno conducendo

Politica- 5 minuti lettura

Manco da questo spazio da parecchi mesi. Era ottobre del 2023 quando scrissi l’ultimo articolo con una analisi della destra ad un anno dalla vittoria di Meloni & co alle elezioni politiche generali ( “la destra un anno dopo” www.orianogiovanelli.com). Nel frattempo sono accadute molte cose e mi dedicherò ad analizzarle negli  approfondimenti che intendo riprendere. Si sono svolte le elezioni europee quelle amministrative, fino al mio impegno diretto nel tentativo, purtroppo non riuscito, di riportare al centro sinistra il governo della mia città d’origine, Urbino; è stata approvata la legge sulla autonomia differenziata e ora si è attivata con successo la raccolta delle firme per il referendum abrogativo, procede il dibattito parlamentare sulla riforma costituzionale detta del premierato. Dal punto di vista socio economico cresce la povertà, la ricchezza è sempre più concentrata in poche mani, aumenta l’occupazione precaria, si producono tagli a sanità, istruzione e enti locali, si restringe il sistema di welfare universalistico e si allarga quello aziendale e di categorie di lavoratori attraverso una fitta rete di offerte assicurative. Per non dire di un ultra livello del dato socio economico che passa sopra le quotidiane vite di miliardi di persone ma  tutte le riassume e parlo della concentrazione in poche mani private del potere scientifico e  tecnologico, della intelligenza artificiale.

Questo scenario è il sub strato sociale che rende ancora dominante  il dato italiano e euro-americano di una destra nazionalista e neo corporativa che cresce nelle pieghe della crisi della democrazia, nelle paure di un mondo globale sempre più piccolo, in quelle per la crisi climatica. Una destra nazionalista e neo corporativa che  combatte per assumere la leadership dopo l’Italia di paesi chiave come Francia, USA, la stessa Germania. Ma già di fatto vince quando condiziona in modo decisivo la destra classicamente liberista costretta ad introiettarne i contenuti  e a sfuggirne l’abbraccio attraverso alleanze spurie e di fatto anche la sinistra liberale. E non mi stupisce affatto che ciò faccia allargare a macchia d’olio la questione che sintetizza il tutto: la guerra. La guerra guerreggiata e la nuova guerra fredda  come è stata delineata dall’ultimo summit Nato a Washington.

Fino a quando non cambierà la postura imperiale degli USA per  la gestione di una transizione inevitabile verso un mondo molto meno unipolare, fino a quando il presidente degli USA si sentirà nel diritto dovere di esprimere una “leadership mondiale” invece che condividere una “leadership mondiale” e fino a quando l’Europa non recupererà le sue radici recenti interrompendo la rimozione che di fatto si sta affermando delle due guerre mondiali, la guerra continuerà ad essere una prospettiva politica praticabile e la spesa per gli armamenti apparirà una funerea “politica di sviluppo”. E’ questo il dato politico drammatico: un occidente che non lavora per arginare i conflitti, che nascono per lo più su dimensioni regionali, ma tutti li riconduce ad una lotta globale per arrestare il declino della propria influenza mondiale e per cercare di ribadire armi in pugno la propria egemonia. Così i mercati tornano a restringersi, le relazioni scientifiche tecnologiche e culturali tornano autarchiche e l’unica cosa che rimane globale è la guerra. E’ la crisi della missione dell’occidente nel mondo, il che presuppone che a parer mio una qualche missione dal 1945 in poi almeno una parte dell’occidente l’ha saputa svolgere. Ora tutto sembra smarrito in una spirale in cui si vede solo l’acuirsi dei fenomeni e non il lavoro per ricondurli ad una dimensione sostenibile.

Leggo con attenzione anche ciò che scrivono commentatori che stimo, da ultimo Pombeni sulla rivista del Mulino. Egli contestualizza questo approccio dell’occidente, in cui si manifesta la sua crisi, come reazione all’emergere di un approccio neo imperiale di altri soggetti: lo storico imperialismo russo, quello iraniano ( uno di quei commentatori d’accatto che ogni tanto scrivono su un giornale che era seriamente di destra come  il Corriere è tornato ad evocare le Termopili…) e quello nuovo della Cina. Non mi convince. La prima radice della guerra sta nel non riconoscere che in questo mondo ci sono più paesi e non uno solo che rivendicano spazio, economico, culturale, sicurezza ai propri confini,  certo anche pretese di sfere di influenza. E’ del tutto evidente che la vera e unica missione del’occidente è che ciò che è irreversibile, a meno di un altra guerra mondiale totalmente distruttiva, avvenga senza guerre, gestire pacificamente ciò che non si può impedire. Il che non significa non battersi per i propri interessi economici, per i propri valori, non significa rinunciare al fatto che in quei paesi evolvano diritti umani fondamentali. Ma prendere atto che oggi le guerre si possono solo mantenere a lungo, non si possono vincere, che anche l’evoluzione “occidentale” di certi paesi sempre che sia in se una cosa buona, può avvenire solo per contaminazione culturale e anche commerciale. Le guerre fanno arretrare le condizioni interne dei paesi in conflitto. Uno per tutti l’involuzione spaventosa che sta subendo Israele e anche grazie a questo Hamas sopravviverà e l’Iran farà maggiori proseliti. La seconda radice della guerra è il grande affare economico che la “guerracontinua” rappresenta per paesi occidentali sempre più dipendenti anche tecnologicamente dalla economia di guerra. Su questo l’occidente pensa con qualche ragione di essere ancora in vantaggio e la torta è troppo ghiotta perché la ragione faccia premio sull’interesse.

Ma in tutto questo la sinistra come sta?  Malissimo perché non prede di petto il tema della guerra non lo supera guardando agli interessi dei popoli che chiedono di crescere nel mondo e non guarda al suo popolo in Europa, si barcamena, alla fine si accoda a chi la guerra la vuole e la vuole continuare. Così andiamo a sbattere.