Curiosità — 1 minuto di lettura

” L’Orologio della Guerra – Chi ha spento le luci della pace ”  di Antonio Cantaro

Curiosità — 1 minuto di lettura

Un giorno il prof. Cardini ha detto di aver deciso di scrivere sulla guerra in Ucraina per evitare che chi leggerà domani la storia di questi giorni non pensi che tutti erano allineati alla comunicazione di guerra del pensiero dominante. Ora si aggiunge questa voce forte perché mite e argomentata di Antonio Cantaro. Da leggere!

Si avvicina il 24 febbraio e lo scadere del primo (?) anno di guerra aperta in Ucraina. . Come sarà questo
primo anniversario? Temo un frastuono di guerrafondai cui va, a mio parere, contrapposta una nuova idea
di resistenza: quella della ragione razionale. Il medioevo travolse assieme ai vecchi imperi la cultura
classica, ma vi furono luoghi che la preservarono per consentirci di riscoprirla con l’umanesimo e poi il
rinascimento. Anche oggi quei luoghi sono indispensabili. Uno di questi è nato proprio qui, nella nostra
università di Urbino per iniziativa dei professori Antonio Cantaro e Federico Losurdo. Si chiama “fuori
collana “ e vive sul web ( www.fuoricollana.it ) . Ora l’impresa si è arricchita di una collana editoriale
“cartacea” dal nome (RI)Costituenti che ha rilasciato il primo volume dal titolo “L’Orologio della Guerra” –
chi ha spento le luci della pace” di Antonio Cantaro ( NTS Media). L’autore è certamente di sinistra ma il
libro è per nulla fazioso. Affida alla ricostruzione della conoscenza necessaria dei fatti la risposta a chi
sostiene la guerra come ineluttabile: il bene contro il male. Con una sinistra smarrita per tante ragioni e
per tante sconfitte, questo libro offre un filo di un ragionamento alternativo. Del resto può esistere una
sinistra che non sa parlare di pace? Ma il discorso vale per tutti senza distinzione politica perché la
razionalità della ragione è un fondamento della cultura occidentale che dobbiamo tutti saper recuperare.
Questo da un contributo e sgombra il campo da un equivoco: non ha senso essere antioccidentali ma è
doveroso rivendicare la legittimità di un'altra idea di occidente che ci rimanda anche alle radici
illuministiche del nostro pensiero, per non cadere nel buio della cancel-culture. Una piccola ma preziosa
risposta allo sconforto e al senso di impotenza che pervade le persone , senza distinzione di classe cultura
etnia. Nel libro non ci si rassegna all’idea che una questione, storicamente e politicamente complessa ,
possa essere risolta solo con una sempre più crudele escalation militare. Eppure è proprio questo che sta
accadendo. E’ una risposta ai geopolitologi che muovono i pezzi su carte geografiche colorate prive di
umanità; agli strateghi militari che pontificano e paradossalmente spesso risultano più cauti delle
tifoserie alimentate da ogni tipo di media; all’ orrendo voyeurismo fatto di filmati ripetuti con corpi
straziati da bombe che piovono come coriandoli . Ma soprattutto è una risposta a quegli intellettuali come
quelli che animano la collana “faustiana-il destino dell’occidente” edita da IL Mulino. Per costoro
l’occidente ha in mano il destino della nostra specie; un occidente-mondo, unica speranza di civiltà,
finalmente unificato dal capitalismo e dalla tecnica occidentale che necessariamente deve combattere una
guerra finale contro un modo arcaico ed alieno al cosmopolitismo di matrice orientale/slava/asiatica. Il
libro è una secca risposta a questa impostazione, del resto è il mito del Faust che torna, per cui le buone
intenzioni giustificano anche le cose più orrende. In tutto questo le vittime sono tante da una cultura
europea frutto di secoli di contaminazione fra est e ovest, alle emergenze sociali e del lavoro declassate a
questioni marginali rispetto alla grande spesa per gli armamenti, fino alle istituzioni europee tornate, come
nel gioco dell’oca, al punto di partenza, ovvero a soggiacere ad una guerra fredda di nuovo conio. Ma la
vittima più illustre rischia di essere la ragione che sempre accompagna lo spirito critico, la capacità anche
nella notte più buia di vedere una possibile luce e anche nell’avversario più duro scorgere la fessura in cui
far entrare la ragione razionale. Per me è un motivo di soddisfazione che degli intellettuali della nostra
Università accettino il rischio di misurarsi di nuovo con il dibattito pubblico uscendo dalla opprimente
burocrazia accademica. Noi semplici cittadini smarriti abbiamo più che mai bisogno di loro.